Roma, i primi anni del movimento operaio.

04 agosto 2004

di Giuseppe Manfrin
Avanti della Domenica - 13 gennaio 2002 - anno 5 - numero 02

Negli anni che vanno dal 1889 al 1891, la situazione a Roma era spaventosa: disoccupazione e miseria. Furono gli anni della crisi edilizia ove si verificarono dissesti, fallimenti, stasi di lavoro e di capitali a tutto vantaggio di pochi speculatori a danno di molte piccole imprese, di artigiani, di maestranze più o meno specializzate. Svaniva così l’illusione di rapide e facili fortune cui non pochi credettero. Fu di quel periodo lo scontro a Ponte Cavour fra muratori infuriati e forze di polizia. Fu il 1° maggio 1891 che avvennero i tragici fatti di Piazza Santa Croce in Gerusalemme, dove fu indetto un comizio per la festa dei lavoratori, ma soprattutto per affermare il principio della giornata di otto ore lavorative, che si concluse con una cruenta sparatoria e con l’arresto di Amilcare Cipriani.
Con questi precedenti, l’8 maggio 1892, presso il teatro Rossini (ora scomparso) avvenne l’atto costitutivo della Camera del Lavoro di Roma.
È proprio per quei precedenti che la Cdl di Roma trovò non poche difficoltà per la sua costituzione: prevenzione dei ceti privilegiati, dei governi conservatori e dei cosiddetti uomini d’ordine, da una parte, e l’apatia delle classi lavoratrici, stremate in questa città da disoccupazione e miseria, dall’altra. La solenne cerimonia al Teatro Rossini, si svolse alla presenza dell’assessore comunale De Angelis, in rappresentanza ufficiale del sindaco di Roma, principe Onorato Gaetani, di altri consiglieri comunali e dei deputati Barzilai e Guelpa. La Commissione esecutiva fu così composta: De Santis, consigliere comunale; Giuseppe Veraldi ex consigliere comunale; Beniamino Deola, tappezziere; Attilio Tognetti, tipografo; Augusto Casciani, legatore di libri; Angelo Liberati, parrucchiere; Francesco D’Antoni, falegname; Andrea Biagini, fonditore di caratteri; Luigi Faschetti, intagliatore di marmo; Pietro Lastrucci, tipografo; Giovanni Nissolino, segretario. Nasceva così la Camera del Lavoro di Roma, la quarta per anzianità, dopo quelle di Milano, Piacenza e Torino. Malgrado le citate iniziali difficoltà, il primo effetto benefico del nuovo spirito di organizzazione sindacale, fu quello di orientare gli operai romani verso un nuovo e più efficace sistema di difesa delle loro necessità e di conquista dei loro diritti. La Cdl era riuscita ad ottenere un sussidio di lire seimila annue dall’Amministrazione comunale e poté così lasciare la sede provvisoria presso l’Associazione dei tipografi, per una sede propria, anche se striminzita, in via dei maroniti n. 2, ed occuparsi a rafforzare le associazioni operaie esistenti e di organizzare le categorie che ancora ne erano prive. Fu, indubbiamente, un lavoro duro e paziente che incominciò nel 1893 a dare i suoi frutti specie fra i lavoratori dei campi e delle paludi e gli operai della città; non solo, ma si vide il fiorire di leghe operaie a Civitavecchia, Tivoli, Frascati, Albano, Marino, Genzano, Velletri e Artena. Anche la sede si trasferì prima in via S. Stefano del Cacco n. 36, poi al Vicolo Morgana n. 12, sotto il Campidoglio. In tal modo il criterio della mutualità e della cooperazione si completò con quello della resistenza. In questi primi anni di vita dell’organismo sindacale si verificarono le sanguinose rivolte in Sicilia e in Lunigiana, provocate da condizioni di miserie e di malcontento, non troppo diverse da quelle esistenti anche nella capitale. Poi vi fu lo scandalo della Banca Romana. Nessun avvenimento lasciò la Cdl di Roma indifferente e non partecipe a giudizi, alla solidarietà ed alle speranze delle classi più deboli e colpite dalla reazione. Anche un mese prima della disfatta di Adua, prese posizione contro la politica africana del governo. Non mancò di esprimere la solidarietà (anche economicamente con pubbliche sottoscrizioni) verso i condannati per il conflitto a Santa Croce in Gerusalemme, per le vittime dei Fasci Siciliani, per gli scioperanti di Roma, ecc.
Il 9 gennaio 1897 nella sede della Cdl in Vicolo Morgana n. 12, arrivarono in gran numero, soldati, carabinieri, agenti e funzionari di polizia; entrarono nella sede e notificarono il decreto del Prefetto, di scioglimento della Cdl e dell’immediata perquisizione di tutti locali e dei mobili ed il sequestro di atti ed elenchi ecc. Roma visse quella giornata in un’atmosfera di atto d’assedio. La Cdl dichiarata socialista e sovversiva, venne considerata pericolo pubblico e di conseguenza colpita con lo scioglimento. La notizia del sopruso poliziesco e governativo si diffuse specie negli ambienti popolari ed operai, suscitando ovunque la più viva indignazione. Le varie leghe, sindacati e cooperative, in riunioni di fortuna, votarono accesi ordini del giorno di protesta. I deputati socialisti presenti a Roma, Morgari, Bissolati, Ferri e Costa, chiesero udienze al presidente Di Rudinì, il quale, alzando le spalle disse che si trattava di un provvedimento prefettizio. L’"Avanti!" nella sua vibrante indignazione, insinuò che il provvedimento servì al governo Di Rudinì a tranquillizzare le preoccupazioni delle destre in Parlamento e nel Paese, specie per l’imminenza delle elezioni politiche, dove vivissimo era il timore per la crescente organizzazione elettorale delle sezioni socialiste e delle Leghe operaie. Mentre il Parlamento stava discutendo l’interrogazione socialista su questo fatto, l’autorità giudiziaria ammise la perfetta legalità dell’organizzazione ed il giorno 11 luglio 1897 la Cdl di Roma riprese il suo funzionamento nei locali di via S. Stefano di Cacco. Appena sorta la Cdl di Roma; si trovò a fronteggiare, oltre all’aumento spaventoso della disoccupazione, anche il grave problema dell’aumento del pane che fece serpeggiare in tutto il Paese sussulti di rivolta. Siamo nel maggio 1898 e l’ondata limacciosa della reazione discese da Milano e investì tutto il Paese. Malgrado tutto la reazione non riuscì a sconfiggere l’organizzazione dei lavoratori né far scomparire il socialismo.

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