Lotte socialiste fra i minatori della Sardegna

04 agosto 2004

di Giuseppe Manfrin
da Avanti della Domenica - anno 4 - numero 27 - 8 luglio 2001

Iglesias si trova al centro dell’antica industria mineraria della Sardegna dove si estraevano piombo, zinco, carbone e antracite. Le società che operavano in questa zona e anche i dirigenti, erano prevalentemente stranieri. I lavoratori delle miniere nei primi anni del secolo scorso, erano circa quindicimila. Le loro condizioni di lavoro erano estremamente dure e la loro vita miserrima. Non venivano usati mezzi meccanici e le ore di lavoro non si contavano, le abitazioni erano catapecchie orribili, di proprietà delle società minerarie. I minatori si rifornivano di generi alimentari nella cooperativa-spaccio (detta anche cantina) della miniera, gestita da fiduciari della stessa società mineraria. Si era di fronte ad una delle peggiori forme di sfruttamento. Il minatore prelevava a credito e l’importo, segnato in un libretto, veniva detratto dal salario quindicinale, dalla società stessa. I generi alimentari erano d’alto prezzo e di pessima qualità. Infortuni e malattie erano assai diffusi, così l’analfabetismo che, in provincia di Cagliari toccava una media del 71,42 per cento (censimento 1901). In tale situazione esplosero le rivolte del 1904-1905. Da qualche anno era sorto un movimento sindacale e cooperativo, iniziato e diretto dal dr. Giuseppe Cavallera, che aveva operato, prima di stabilirsi ad Iglesias, principalmente a Carloforte, nell’Isola di San Pietro, fra i battellieri e vi creò, malgrado molte difficoltà, un’efficiente organizzazione. Cavallera costituì nel 1903 la prima lega di operai a Buggerru che venne poi, per concorso, affidata al romagnolo Alcibiade Battelli. Le cooperative di consumo che il Cavallera creò nell’iglesiente miravano a sottrarre i poveri minatori dal "truck-system", ma le difficoltà non furono poche. Le agitazioni si accesero come tanti incendi e furono incontrollabili. I minatori reclamavano orari più umani, salari meno irrisori, prezzi meno esosi. In qualche caso vi fu l’assalto alla "cantina" o alla bottega degli alimentari. Il 4 settembre 1904 a Buggerru (frazione di Fluminimaggiore) i minatori erano in sciopero e, mentre erano in corso le trattative presso gli uffici della direzione della miniera, i soldati spararono sui minatori: tre morti e undici feriti. In Italia venne proclamato, per la prima volta a livello nazionale, lo sciopero generale. Da poco a Buggerru era stata legalmente conquistata la cooperativa-spaccio, già creatura della società mineraria. Sempre nel 1904, Cavallera costituì ad Iglesias la Federazione regionale dei minatori. A proposito dell’eccidio di Buggerru, Giuseppe Saragat scrisse: "… Né quel sangue ammaestrerà i gestori delle miniere o indurrà il governo ad intervenire per alleviare le condizioni della classe lavoratrice; condizioni assolutamente inumane. Una commissione d’inchiesta, qualche anno più tardi, rivelerà particolari gravissimi sulle condizioni fisiche dei lavoratori. La pessima nutrizione, il lavoro eccessivo nelle gallerie, la mancanza di elementari attrezzature per la tutela della salute dei lavoratori, rendono la miniera un vero inferno". Nel 1905 giunse ad Iglesias, con la famiglia, un giovane studente, Angelo Corsi (Capestrano 1889 – Roma 1966), che più tardi si laureò a Firenze in scienze sociali. Divenne ben presto un dirigente di primo piano fra i lavoratori. Era un socialista di stretta osservanza riformista. Nel 1906 una serie di agitazioni irrazionali e prive di adeguata maturità e preparazione, sconvolsero la Sardegna. A Cagliari, a Gonnesa, a Nibida e a Bonorva nel sassarese, avvennero disordini con morti e feriti e poi seguirono arresti e licenziamenti. La stampa nazionale fu presente con inviati speciali. Fra tutti primeggiò Angiolo Cabrini con le corrispondenze per l’"Avanti!" e per "Il Secolo" di Milano. Tali articoli furono raccolti in un libretto intitolato "Sardegna" ed edito da "Avanti! della domenica" che ancora oggi si legge con interesse. Molto efficace fu la proposta del governo, approvata dal Parlamento, per la nomina di una commissione d’inchiesta sulle miniere della Sardegna. Nel giro di pochi anni, per ben due volte l’azione dei socialisti di organizzare i minatori, venne arrestata, proprio mentre faceva i primi passi. Nel 1909 si decise di riannodare le fila interrotte e disperse; erano dei giovani studenti come Angelo Corsi e Ruggero Pintus di Iglesias e qualche operaio, il più preparato dei quali era Luigi Garau, ex fuochista di miniera, anche lui di Iglesias. Poi c’era il dott. Giuseppe Pichi, un pesarese che era medico veterinario del comune di Iglesias. Costoro rappresentarono i veri pilastri della rinata organizzazione socialista nell’iglesiente. I minatori miravano al municipio per farne strumento di opere utili, nel quadro più vasto delle loro rivendicazioni. Il ricordato Angiolo Cabrini scrisse: "… Nei consigli comunali siedono numerosi impiegati delle amministrazioni minerarie, di null’altro solleciti che degli interessi particolari dei propri padroni". Nel 1906 fu conquistato il Comune di Carloforte e Cavallera ne divenne il sindaco. Nel 1913 si ottenne ad Iglesias la prima affermazione; Corsi, Pintus e Garau furono eletti nel Consiglio Comunale. Poi i contrasti fra la maggioranza conservatrice misero in crisi l’amministrazione e, nel 1914, i socialisti conquistarono la maggioranza assoluta e Corsi fu eletto sindaco. Nello stesso anno Cavallera venne eletto deputato nel Collegio di Iglesias. Nelle elezioni amministrative del 26 luglio 1914 i socialisti conquistarono i comuni minerari di Iglesias, Domusnova, Fluminimaggiore, Porto Scuso, Calasetta e Carloforte. Con le elezioni del 1920 si aggiunsero anche i comuni di Arbus, Guspini e Villa Massargia.

In questa zona, fu una lotta economica e politica che aveva anche lo scopo di conquistare ai lavoratori l’effettiva cittadinanza, la coscienza di classe e la dignità umana. Un folto gruppo di lavoratori, considerato inferiore, taglieggiato, privo d’ogni consapevolezza, esaurito ed abbruttito da un lavoro duro e malsano, diviso e impotente, capace solo di inopinate e violente agitazioni che andavano ad aggravare ancor più la situazione fu, per virtù dell’organizzazione socialista, reso ordinato, autonomo ed educato alla lotta di classe. Ci volle del tempo e tanti sacrifici, però la plebe divenne popolo

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