La prima Internazionale e le insurrezioni fallite

04 agosto 2004

di Giuseppe Manfrin
da Avanti della Domenica - 27 aprile 2003 - anno 6 - numero 17

Nella storia del movimento italiano e moderno esiste - per dirla con Gianni Bosio - una preistoria, rappresentata dal movimento internazionalista dominato in Italia dalla corrente anarchica che ebbe in Michele Bakunin, Cafiero e Malatesta ed altri, i maggiori esponenti. Nel 1864 a Londra veniva fondata l’Associazione Internazionale dei lavoratori e Carlo Marx venne incaricato a scriverne il manifesto. Nel 1869 si costituisce a Napoli una sezione dell’Internazionale. Nel 1870 viene proclamata a Parigi “La Comune”. Giuseppe Mazzini prese posizione contro di essa; Marx, l’Internazionale, Bakunin, Engels e i primi giornali e sezioni dell’Internazionale fondati in Italia, risposero polemicamente. I rapporti fra il Consiglio Generale dell’Internazionale a Bakunin si inasprirono al punto che il Consiglio Generale di Londra venne accusato di autoritarismo. Poi, nell’agosto del 1872, si tenne a Rimini un congresso nel quale si costituì la Federazione Italiana dell’Internazionale e dove vennero respinte le deliberazioni di Londra. Al Congresso dell’Internazionale (Aia 1872) Bakunin venne espulso. Per tutta risposta l’agitatore russo nel suo programma dichiarò che la distruzione di ogni specie di potere politico è il primo compito del proletariato e che l’organizzazione di un potere politico, anche se nominalmente temporaneo e rivoluzionario con lo scopo di promuovere detta distruzione, non potrebbe recare altro che delusione.
“Alla fine del 1868 - scrisse Marx in una lettera a Bolte - entrò nell’Internazionale il russo Bakunin, con lo scopo di creare entro di essa una seconda Internazionale, diretta da lui, col nome di Alleanza della Democrazia Socialista. Egli, uomo privo di ogni conoscenza teorica, pretendeva di rappresentare in quella organizzazione separata la propaganda scientifica dell’Internazionale e di fare di questa propaganda il compito specifico di questa seconda internazionale dentro all’Internazionale”.
Le condizioni economiche dell’Italia nel 1873 erano disastrose; la povera gente soffriva e il malcontento serpeggiava. Vi furono agitazioni in varie località e a Forlì i tumulti furono molto gravi.
“… noi speravamo nel malcontento generale - scrisse molto tempo dopo Errico Malatesta - e poiché la miseria che affliggeva le masse era davvero insopportabile, credevamo che bastasse un esempio, lanciare colle armi alla mano il grido di ‘Abbasso i signori’ perché le masse lavoratrici si scagliassero contro la borghesia e pigliassero possesso della terra, delle fabbriche e di quanto esse avevano prodotto colle loro fatiche ed era stato loro sottratto”. Fu, infatti, fatto un piano per l’insurrezione che doveva contemporaneamente scoppiare in diverse località d’Italia e da Bologna doveva partire la scintilla dell’inizio. Bakunin nel suo rifugio di Lugano, ebbe da più parti assicurazione che il tentativo bolognese non sarebbe fallito e si preparò quindi, a andare a Bologna, dove stette per sei/sette giorni chiuso in una casa amica, in attesa di prendere parte ai combattimenti ch’egli stesso avrebbe diretto. Tutto fu preparato nella primavera del 1847. Bakunin e i suoi amici italiani giudicarono i tempi ormai maturi per l’insurrezione popolare, che venne fissata per il successivo mese d’agosto. Fu creato un Comitato italiano per la rivoluzione sociale la cui anima fu Andrea Costa che nel marzo del ’74, di notte, con manifesti affissi sui muri di Bologna, incitava il popolo con un appello rivoluzionario. L’insurrezione diretta da Costa, avrebbe dovuto scoppiare in Emilia e di lì divampare nel Mezzogiorno, sotto la guida di Cafiero e Malatesta. Ma le attese previsioni non si avverarono; non ci fu nessuna insurrezione e la rivolta fallì miseramente. Tentata da un piccolo gruppo tra il 7 e 8 agosto 1874 la rivolta fu immediatamente stroncata. Nell’incisione dell’epoca che pubblichiamo è raffigurato l’arresto degli internazionalisti imolesi, trasferiti in catene al carcere di Bologna. Anche Costa venne arrestato e Bakunin riuscì miracolosamente a fuggire. Dopo 22 mesi di detenzione il processo si concluse il 18 giugno 1876, con l’assoluzione degli imputati. Nell’aprile del 1877, gli internazionalisti Carlo Cafiero ed Errico Malatesta, fedeli alla filosofia della insurrezione perenne e quindi alla teorizzazione della “propaganda del fatto” decisero sulla necessità di un nuovo tentativo insurrezionale da compiere nel Sud d’Italia. Fu scelto il massiccio campano del Matese. Questo avvenimento lo abbiamo ampiamente trattato sulla nostra rubrica nel n. 33 del 16 settembre 2001 del nostro settimanale. Ricordiamo subito che anche questo tentativo fallì. Quella che fu detta “la banda del Matese” composta da 26 elementi che dovevano suscitare la rivolta dei contadini, che non ci fu, fu circondata e catturata. Nell’agosto del 1878, alle Assise di Benevento si svolse il processo. Nel gennaio 1878 morì Vittorio Emanuele II, per cui venne promulgata un’amnistia che estinse quasi tutti i reati imputati agli internazionalisti.
Il processo si svolse per la morte di un carabiniere ferito durante una sparatoria con la “banda”, ma deceduto per altre cause sopravvenute, per cui completa fu l’assoluzione degli imputati. Con il fallimento del tentativo insurrezionale del Matese, si chiuse, praticamente, la fase dell’internazionalismo attivo ed egemone del movimento anarchico internazionalista in Italia.

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