Caffi Andrea, un socialista libertario

20 novembre 2008

da www.storiaXXIsecolo.it

Nato a Pietroburgo nel 1887. Figlio di italiani (provenienti, pare da Belluno e/o da Cremona). Socialista fin da giovane, studiò all'Università di Berlino, dove conobbe Antonio Banfi. Prese parte come volontario alla prima guerra mondiale, nell'esercito francese. Visse direttamente sulla sua pelle le vicende della Rivoluzione d'Ottobre in Russia e fu anche imprigionato.
Amico di Nicola Chiaromonte e di Albert Camus, spesso avvicinato ad Hannah Arendt o (sia pure da laico) a Simone Weil, fu un socialista libertario, un "irregolare". Antistatalista, criticò la deriva dittatoriale dell'Urss di Stalin e il ricorso alla violenza per instaurare una società di liberi e di uguali. Deciso avversario del totalitarismo comunista fu estraneo anche al “mito burocratico” della socialdemocrazia, critico rispetto alla pretesa di quest’ultima di risolvere la questione sociale mediante l’espansione del ruolo dello Stato nell’ambito dell’economia e della società. Diversa è la soluzione antistatalista prospettata da Caffi, secondo il quale ci si deve muovere nella direzione della applicazione integrale del principio federativo alla struttura e alla macchina amministrativa dello Stato, e del completo superamento dell’idea di sovranità dello Stato-nazione. Lo Stato nazione, secondo Caffi, deve essere esautorato della sua sovranità a beneficio, da un lato, di organismi sovranazionali (a cominciare da una Federazione Europea in grado di mantenere la pace), e dall’altro da una serie di enti autonomi e associazioni di ogni genere (politiche, economiche, sindacali, cooperative, mutualistiche, culturali ecc.). che vanno rafforzati e ai quali devono essere deferite e trasferite molte funzioni di utilità sociale.
A Parigi frequentò e collaborò con i fuorisuciti italiani, partecipando alle attività dei socialisti e proponendo una sua mozione sulla partecipazione alla lotta contro il nazismo. Aderì per qualche tempo anche a Giustizia e Libertà, collaborando attivamente ai Quaderni di GL. Sul secondo numero dei "Quaderni" (marzo 1932) Caffi scrisse un lungo articolo sulla rivoluzione russa, che Rosselli pubblicò prendendo nettamente le distanze giacché lo scritto apparve come appendice al fascicolo con il titolo Opinioni sulla rivoluzione russa. Importa notare l'interpretazione del regime staliniano come vera e propria negazione dell'umanesimo socialista e le affinità evidenti che l'autore individua tra quel fenomeno e altri "mostruosi parti della nostra epoca" come i fascismi". Caffi poi segnalò fin dal settembre 1932 sui "Quaderni" le peculiarità del fenomeno nazista che non possono spiegarsi semplicemente con le categorie della lotta di classe. Sottolineò, invece, la coesistenza nel movimento hitleriano delle mitologie irrazionalistiche e dell'esaltazione della tecnica e della moderna civiltà delle macchine.
Alla fine del 1935, però, si distaccò da GL con il gruppo dei 'novatori dissidenti', che comprendeva - oltre a Caffi, suo ispiratore - anche Nicola Chiaromonte, Mario Levi e Renzo Giua.
Il dissenso nacque a proposito del Risorgimento. Sul numero di “Giustizia e Libertà” del 29 marzo 1935 Caffi aveva affrontato la questione del rapporto tra l’antifascismo giellista e la tradizione risorgimentale, rifiutando decisamente le necessità di un richiamo alle “sacre memorie” del Risorgimento italiano, definendolo un “residuo di vanità nazionale da mettere in soffitta”. Per Caffi il Risorgimento aveva racchiuso in un ambito nazionale fermenti e aspirazioni, pure esistenti, di più ampio respiro europeo e tutte le sue correnti, compresa quella democratica mazziniana, erano state impermeabili a una questione sociale già allora presente, come gli stessi studi di Nello Rosselli dimostravano. Gli esiti non potevano non essere quelli di un Risorgimento, “addomesticato, deviato, confiscato da profittatori equivoci”, che determinò “un disagio sociale ed un marasma della vita intellettuale in Italia, che hanno avuto per sbocco (tutt’altro che inaspettato) il fascismo”.
Caffi dunque delineava un processo di sostanziale continuità tra la compagine statale prodotta dal Risorgimento e il fascismo, in ciò sostenuto anche da Nicola Chiaromonte, che intervenendo il 19 aprile 1935, a firma Luciano, dichiarava la propria esplicita avversione non soltanto al processo risorgimentale, ma al Risorgimento in sé, nel suo principio animatore: Chiaromonte usa l’espressione “impeto nazionale”, che ha deviato, pervertendola, ogni aspirazione alla libertà e alla democrazia.
Era evidente l'inaccettabilità di posizioni siffatte per un movimento come GL, il cui stesso motto “Insorgere-Risorgere” denota una chiara derivazione risorgimentale e nei cui fogli di propaganda è facile trovare il duplice accostamento tra fascismo e antirisorgimento e tra movimento antifascista e Secondo Risorgimento d’Italia. La difesa del Risorgimento venne assunta da Rosselli e Franco Venturi.
Durante la seconda guerra mondiale, Caffi partecipò a Tolosa alla Resistenza francese. Arrestato dalla milizia di Darmand verso la fine del 1944, conobbe gli orrori della tortura e degli interrogatori brutali. Riuscì tuttavia a salvarsi per la 'testimonianza', a lui favorevole, fornita da un giovane collaborazionista corso che aveva conosciuto tra i clochards e gli 'irregolari' di Tolosa. Nel dopoguerra mondiale collaborò dalla Francia ad alcune iniziative del movimento nonviolento di Aldo Capitini. Morì a Parigi nel 1955.

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