Balabanoff Angelica

04 agosto 2004

di Giuseppe Manfrin
da Avanti della Domenica - 19 maggio 2002 - anno 5 - numero 20

E’ morta a Roma il 25 novembre 1965, Angelica Balabanoff. Da ben 75 anni il suo nome era legato alle battaglie del movimento operaio internazionale. Era nata a Cernicav, presso Kiev, in Ucraina, nel 1870 e proveniva da una ricca famiglia il cui padre era un alto funzionario delle ferrovie. Angelica Balabanoff, fin da giovinetta, diventò ribelle, perché i privilegi cui godeva, vivendo in una ricca famiglia che la fece studiare in un collegio speciale per giovinette ricche, messi a confronto con la mera miseria dei contadini russi, divennero per lei una specie di incubo dal quale si liberò abbandonando la famiglia per emigrare all’estero e poter continuare gli studi universitari, visto che in Russia le donne non potevano frequentare l’università. Tuttavia la famiglia si incaricò di mantenerla finanziariamente all’estero, anche dopo che ebbe terminato gli studi. In Belgio fu allieva del prof. Augsmans, sindaco socialista di Bruxelles. Nella capitale belga si laureò; col massimo dei voti, in lettere e filosofia. Sempre a Bruxelles nel 1898 conobbe un socialista romano, l’avv. Umberto Zanni, che aiutò Angelica a "mettere un po’ d’ordine e di sistema alle sue aspirazioni e ai suoi studi". Augusto Babel e Clara Zetkin, esponenti della socialdemocrazia tedesca, completarono la sua cultura prima che, giunta a Roma nel 1900, potesse diventare allieva prediletta del prof. Antonio Labriola ed abbracciare l’ideologia marxista.
"… descrivere quello che furono per me le lezioni e lo stesso incontro con Antonio Labriola – scrisse la Balabanoff – non è possibile. Dire che egli ci insegnava è troppo poco. Egli ci costrinse ad applicare la critica e l’autocritica a tutti i campi del pensiero e della azione umana, senza fermarci dinanzi ad autorità e verità acquisite. Ad averlo per maestro siamo stati dei privilegiati".
Iscrittasi al Psi nel 1904, si gettò nella lotta per la redenzione del proletariato e chiese di andare a Losanna. Nel 1905, sempre in Svizzera, per aiutare i lavoratori italiani emigrati, lei poliglotta, ad insegnare il francese e il tedesco, condividendo con loro il cibo, l’albergo e la vita dura di tutti i giorni. Fu a quell’epoca che conobbe Mussolini, in cattivo arnese, disoccupato e disperato, e aiutò a superare lo stato di crisi del giovane romagnolo. Lavorò anche presso la Camera del Lavoro di San Gallo e nel 1906 fondò il periodico "Su compagne", per la propaganda socialista fra le donne.
Fu membro della Direzione del Psi dal 1912 al 1917. Condividendo le impostazioni massimalistiche di Mussolini, condivise anche la responsabilità nella direzione dell’"Avanti!". Quando Mussolini dalle posizioni neutralistiche del partito, passò all’interventismo, fu la stessa Balabanoff a proporre la sua espulsione dal giornale e dal partito. Con la prima guerra mondiale, fu sostenitrice della politica del non intervento; partecipò alla Conferenza di Zimmerwald (1915) e di Keintal (1916) dove venne chiesto un immediato trattato di pace tra i popoli belligeranti. Angelica Balabanoff divenne l’anima e la segretaria di queste conferenze. In Svizzera venne a contatto con Lenin. Scoppiata la rivoluzione in Russia, tornò a Mosca e divenne Commissario del popolo. Quando il potere venne assunto dai Soviet, crebbe ancora nella democrazia popolare e si scontrò inevitabilmente con la realtà del comunismo leninista. Infatti nel 1921, la Balabanoff si rese ben presto conto della sua incompatibilità coi metodi bolscevichi. "… quei metodi – scrisse la Balabanoff – mi si rivelarono in tutta la loro nefandezza durante la campagna dei bolscevichi contro il Psi e Serrati in particolare (…). Il mio caso fu considerato tanto grave che si aspettarono tre anni prima di espellermi e l’espulsione fu resa di ragione pubblica mercè un apposito decreto del governo". Nei commenti di quel provvedimento da parte della stampa moscovita, la Balabanoff fu accusata, tra l’altro, di aver collaborato ad un giornale social-fascista, cioè all’"Avanti!" che, in quell’epoca, con grande eroismo, lottava contro il fascismo.
Uscita dalla Russia, iniziò anche per lei l’esilio. In Italia c’era ormai il fascismo, così dovette riparare prima a Stoccolma poi a Vienna. Nel 1926 si trasferì a Parigi dove diresse, con Ugo Coccia, l’"Avanti!". Alla fine della guerra di Spagna si rifugiò negli Stati Uniti dove riprese la sua intensa propaganda antifascista. Rientrava in Italia nel 1947, si associò con Saragat nella scissione di Palazzo Barberini e si stabilì definitivamente in Italia, dove partecipò attivamente alla vita del partito socialdemocratico. Ha vissuto gli ultimi anni vivamente interessata alla evoluzione del movimento socialista e operaio del nostro Paese e alla prospettiva della riunificazione dei partiti socialisti italiani.
Si spense, dopo una lunga agonia e lasciò scritto: "… sparito dalla memoria il ricordo di sconfitte, di amarezze, di tragedie grandi e piccole che non sono mancate nella mia vita. Rimane invece viva, feconda di sempre nuove energie, la incommensurabile gioia di aver potuto rimanere fedele al socialismo, fedele a me stessa. Una fortuna più grande di questa non me la sarei potuta sognare".

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