7 novembre 2003 - Palermo Hotel Delle Palme - Conferenza programmatica dello SDI Sulla forma di governo regionale e sistema elettorale - Relazione di Giuseppe Lauricella

07 novembre 2003

1. Premessa

Per il mio intervento mi si è posta un'alternativa: ragionare asetticamente e senza tener conto di ciò che si va sviluppando oppure ragionare secondo il nostro interesse tenendo, quindi, in considerazione le probabili soluzioni che verranno.
Nel primo caso, avrei reso un buon servizio alla teoria del diritto ma non avrei rispettato me stesso e voi, che, come me, credete ancora che il ruolo e l'identità dei socialisti non possono essere confusi né, tantomeno, mortificati in nome di nessuno.
E allora, ho scelto di dire ciò che sento e di trovare soluzioni che aiutino chi ancora non ha rinunciato a perseguire la strada dell'unità socialista.
Quindi, se siamo rassegnati al maggioritario e a forme di governo che mortificano il pluralismo reale e la vera corrispondenza tra candidati ed elettori, non è a me che dovevate affidare il compito che cercherò di svolgere;
se, invece, vogliamo continuare a batterci contro un sistema che riteniamo sbagliato e a favore di formule che affermino il pluralismo parlamentare e con esso il principio democratico, e allora dobbiamo avere il coraggio di dire anche cose che oggi non sono di moda o che rischiano di rimanere inascoltate in sede istituzionale, dove si rileva una propensione a soluzioni che conducano alla eliminazione di forze minori - potremmo dire - "fastidiose".
Peraltro, l'argomento di questi giorni - la lista riformista - è, certamente, appassionante e politicamente seducente.
Ma, due sono i rischi, nei quali - io temo - i socialisti possano incorrere:
1. che una volta entrati nella lista unica dei riformisti, difficilmente si potrà tornare indietro, vada essa bene o vada male.
E allora, risolto il problema per le europee e magari per le nazionali, quali possibilità di successo potremo ipotizzare per i socialisti in Sicilia? …Zero!
2. L'altro rischio è che la lista unica non sia altro che il primo passo per la costruzione del partito unico dei riformisti: in tale caso, quale sarebbe il peso e il ruolo dei socialisti?…Non darò lo stesso risultato della prima ipotesi, e lascio a voi la risposta.
Una cosa è certa: pur affrontando le prossime elezioni europee con la lista unica, all'indomani delle elezioni la Sicilia - e credo anche l'Italia - non resterà senza un Partito Socialista riformista che sta nel centro-sinistra!!
I Partiti unici sono la omogeneizzazione delle idee e la confusione delle identità.
E qui non siamo né in Inghilterra né negli Stati Uniti. Processi politici come questi o si controllano o si subiscono.
E se si perseguono sapendo di subirli vuol dire che sono altre le reali motivazioni.
Ed è per questo che oggi noi dobbiamo lanciare, con le nostre proposte, un messaggio a tutti i socialisti, perché si uniscano in una proposta comune, che possa garantire la presenza e la voce socialista nelle istituzioni regionali.
Pertanto, pur avendo predisposto una proposta di legge per l'elezione dell'Assemblea Regionale Siciliana e per la forma di Governo regionale, che ritengo essere aspetti che debbano essere considerati insieme, mi limiterò qui ad esporre i criteri-cardine della stessa.
In premessa, vorrei rilevare che non solo per la legge elettorale ma anche per la modifica dello Statuto che riguardi la forma di governo, l'Assemblea Regionale potrà adottare una semplice legge regionale, atteso che con la recente riforma del nostro Statuto è stato introdotto il principio di "libertà della forma di governo".
Con la riforma, le norme statutarie hanno stabilito, sia in via transitoria che nell'ambito dello Statuto, espressamente, l'elezione diretta del Presidente della Regione, salvo, poi, lasciare "aperta" la possibilità all'Assemblea regionale di decidere, nel futuro, una diversa forma di governo, "a maggioranza assoluta dei suoi componenti" (art. 41-bis, St. sic.).
Peraltro, nello Statuto vengono previste le conseguenze sia all'ipotesi di Presidente eletto direttamente, sia all'ipotesi di Presidente eletto dall'Assemblea, confermando, dunque, l'apertura verso l'una o l'altra soluzione.

Ed è stato il legislatore costituzionale (nazionale) che, non intendendo come definitiva quella per ora adottata, ha lasciato aperta la via a nuove future soluzioni.
In tal modo, può essere l'Assemblea regionale, in piena autonomia, a scegliere la forma di governo, ovviamente, nel rispetto e nei limiti dei principi fondamentali contenuti nella Costituzione.
Pertanto, contrariamente a quanto contenuto oggi nello Statuto, si sarebbe potuto stabilire soltanto la formula secondo la quale "il Presidente della Regione è eletto nella forma e secondo modalità stabilite con legge adottata dall'Assemblea regionale", lasciando - tutt'al più - tra le norme transitorie l'ipotesi di elezione diretta.
L'idea di evitare un richiamo specifico all'elezione diretta del Presidente della Regione non ci viene suggerita dalla contrarietà al modello, ma dall'obiettiva considerazione che un'indicazione di una specifica forma di governo - comunque e in ogni momento modificabile - rende superflua l'indicazione stessa, la quale, infatti, ha avuto una sicura efficacia soltanto in sede di prima applicazione.
In tale quadro di riforma, le modifiche apportate allo Statuto avrebbero dovuto determinare - inevitabilmente - un nuovo modo di intendere e di svolgersi i rapporti tra Assemblea e Governo regionale, dato lo spostamento del potere verso l'organo esecutivo, almeno in teoria.
Ciò avrebbe dovuto produrre (ed imporre) - pertanto - una nuova strutturazione e modalità di esercizio degli strumenti di controllo, di cui dotare l'Assemblea, così come sarebbe dovuto mutare il ruolo stesso del deputato regionale, il quale, invece, viene oggi ridotto ad una funzione sterile o, al massimo, di asservimento.
Così, anche se anomalo in un sistema ad elezione diretta dell'organo di direzione del governo, l'unico strumento che rimane alla maggioranza assembleare è la possibilità di sfiduciare il Presidente, provocando, però, simultaneamente, la fine della legislatura e, dunque, la conclusione del mandato parlamentare.
Un'ipotesi - chiaramente - di scuola, a meno che si voglia credere al "suicidio" della maggioranza!
Altro aspetto da osservare è quello del rapporto interno al Governo regionale, il quale sarebbe dovuto mutare, sia per la posizione di maggiore rilievo e peso che ha assunto il Presidente eletto in modo diretto dal popolo, sia, conseguentemente, per il criterio con il quale vengono scelti o revocati gli Assessori.
In futuro, potrà, pure, permanere tale modello. Ma - secondo il principio di libertà di scelta - l'Assemblea regionale, se e quando riterrà opportuno modificare la forma di governo, potrà stabilire - come dice lo Statuto - "le modalità di elezione del Presidente della Regione, di nomina e di revoca degli Assessori, le eventuali incompatibilità con l'ufficio di Deputato regionale e con la titolarità di altre cariche o uffici, nonché i rapporti tra l'Assemblea regionale, il Governo regionale e il Presidente della Regione".


2. Proposta di modifica della forma di governo e relativo sistema elettorale.

Se dovessimo attenerci, in modo scrupoloso, ai modelli e alle proposte cui si fa riferimento attualmente nei disegni di legge presentati all'ARS, potremmo, qui, chiudere l'argomento relativo alle forme di governo regionale.
Ma riteniamo - comunque e consapevoli del nostro peso - di non dover rinunciare ad introdurre una nostra idea.
Innanzitutto, va rilevato che gli obiettivi di stabilità di governo e di efficienza dell'azione di governo si sarebbero - forse - potuti raggiungere senza abbandonare la forma di governo parlamentare, come oggi invece si vorrebbe imporre.
Tale considerazione non vuol fare intendere che si è contrari al modello prescelto ma, soltanto, che quest'ultimo non è l'unico possibile o capace di garantire la stabilità di governo.
Ci riferiamo all'idea - che sappiamo non essere nuova in assoluto - di introdurre nel sistema regionale la c.d. "mozione di sfiducia costruttiva", per ciò che attiene al rapporto fiduciario che deve intercorrere tra Assemblea e Presidente della Giunta regionale o Governo nel suo complesso.
Un modello che si ispira al Cancellierato tedesco, dunque, che consentirebbe il medesimo grado di stabilità - di quello assicurato dal modello oggi in vigore - proprio per la "continuità" che tale meccanismo - com'è noto - garantisce, senza però rinunciare alla centralità e alla funzione di controllo dell'Assemblea legislativa.
Come, d'altra parte, avviene oggi, laddove, nonostante le responsabilità politiche del Presidente della Regione (e della sua Giunta), la maggioranza si trova costretta a dichiarare la propria solidarietà e a non poter sfiduciare il c.d. "Governatore", se non vuole suicidarsi con lo scioglimento contestuale dell'Assemblea regionale.
E' un chiaro esempio di come questo sistema vigente sia lacunoso e pericoloso per la vita istituzionale nonché per la trasparenza dell'azione di governo e, quindi, per il futuro dei cittadini della nostra Regione
Nello Statuto occorrerebbe tornare alla passata norma (art. 9), che attribuiva all'Assemblea la competenza di eleggere il Presidente della Regione.
Su tale linea - seguendo il modello tedesco - si potrebbe prevedere che:
1. L'Assemblea regionale - oltre ad eleggere il Presidente - può esprimere al Presidente della Giunta regionale la sfiducia quando elegge a maggioranza dei suoi membri un successore.
2. Non si può procedere all'elezione del successore prima che siano decorsi tre giorni dalla presentazione della mozione, durante i quali viene discussa.
3. La mozione di sfiducia deve essere presentata da almeno un terzo dei membri dell'Assemblea e votata per appello nominale.
Conseguentemente, in ordine alla questione di fiducia posta dal Presidente della Regione all'Assemblea, si può pensare ad una norma che stabilisca che:
1. Il voto contrario della maggioranza dei membri dell'Assemblea su una questione di fiducia posta dal Presidente della Giunta regionale non comporta le sue dimissioni.;
2. Il Presidente viene revocato qualora, contestualmente al voto contrario su una questione di fiducia, la medesima maggioranza elegga un successore.
Peraltro, nel nostro contesto regionale se possiamo consentire la previsione di un sistema che garantisca il controllo dell'ARS sull'operato del Governo fino alla possibilità di porlo in crisi, non possiamo, al contrario, consentirci un sistema che dipenda dalla assoluta volontà e dalla condotta di un Presidente - quand'anche fosse eletto direttamente - che tenga sotto scacco un'intera Assemblea parlamentare.
Quella che avanzo è un'ipotesi, della quale ne comprendo l'audacia e la (conseguente) improbabile considerazione (almeno nel momento), ma che va, comunque, posta e magari discussa, dato che può bene conciliarsi con le modifiche statutarie apportate, almeno con quelle relative alla libertà di scelta della forma di governo e ai casi di scioglimento anticipato dell'Assemblea, oltre che con la necessità di restituire un ruolo centrale all'Assemblea.
Infine, riteniamo che, con l'introdurre tale forma di governo corredata da un sistema elettorale di tipo proporzionale - corretto da una clausola minima di sbarramento - possa comunque essere soddisfatto, da un canto, il principio maggioritario (che non significa sistema elettorale maggioritario) e la stabilità di governo, e, dall'altro e nel contempo, la più ampia rappresentanza e, dunque, il pluralismo parlamentare, fondamento della democrazia.
Insomma, il problema, che ci sollecita l'esperienza, è di restituire la centralità all'Assemblea o, quantomeno, una sua sostanziale capacità di controllo, senza che questo possa essere condizionato dalla volontà dell'Esecutivo.
Pertanto, in assoluto subordine, qualora fosse mantenuto - questa sembra essere, al momento, la prospettiva - il modello dell'elezione diretta del Presidente della Regione, si dovrebbero, però, prevedere alcuni correttivi, che consentano una maggiore libertà di movimento alle singole forze politiche e una maggiore indipendenza del potere legislativo dal governo regionale:
1. In primo luogo, la previsione di schede separate tra elezione del Presidente e elezione dell'Assemblea;
2. eliminazione del c.d. "listino",
3. abolizione del premio di maggioranza, quantomeno nelle percentuali che oggi conosciamo;
4. incompatibilità tra ruolo di Assessore e funzione di Deputato;
5. separazione tra l'ipotesi di caduta del Presidente e del Governo e scioglimento dell'Assemblea.
Vorrei - a questo punto - esprimere un'ultima riflessione di carattere generale: se il maggioritario produce rappresentanti imposti ai Partiti singoli e agli elettori, se produce maggioranze e governi difficilmente sottoponibili a controlli parlamentari democratici, se il maggioritario ci ha obbligati (e ci obbliga) a dividerci e a stare, sia a destra che, a volte, anche a sinistra, con chi, magari a certe condizioni e scelte politiche, non si penserebbe di stare, la proposta di cui abbiamo discusso scongiurerebbe anche questi inconvenienti, non rinunciando alla stabilità di governo, al pluralismo e alla dignità della politica.

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