14 APRILE 2002 - CONGRESSO NAZIONALE DELLO SDI - GENOVA - INTERVENTO DI ROBERTO BISCARDINI

14 aprile 2002

Care compagne e cari compagni,
cercherò di interpretare i sentimenti dei tanti delegati, di diverse regioni, che da ieri a oggi hanno sottoscritto il documento che abbiamo depositato, posto all’attenzione di questo Congresso e al quale hanno fatto riferimento molti interventi nel corso del dibattito.
In questi anni difficili lo SDI ha dato un contributo decisivo affinché nel nostro Paese fosse mantenuta viva la presenza della tradizione socialista abbiamo resistito ai tentativi di cancellare la cultura del socialismo e per questo lavoro tutti i compagni dello SDI possono andare orgogliosi.
Ma adesso siamo in una fase nuova; dobbiamo considerare finita la fase nella quale abbiamo testimoniato una tradizione e possiamo puntare più in alto.
Con più coraggio che nel passato, fuori dalla logica dei soli tatticismi, è possibile un salto di qualità. Il partito può liberare tutte le sue risorse e potenzialità per definire una prospettiva chiara, un nuovo progetto politico e rilanciare nel Paese una forte iniziativa socialista.
Noi proponiamo che lo SDI si faccia promotore, con chi ci sta, della nascita di un nuovo partito socialista, riformista e socialdemocratico che unifichi tutte le famiglie della sinistra laica e liberale.
Un grande partito socialdemocratico di tipo europeo nel solco della tradizione del riformismo italiano, che consenta a tutti coloro che si riconoscono nei valori di giustizia sociale e di libertà di stare insieme, senza distinzione, ognuno con la propria storia e i propri riferimenti politici e culturali.
Un partito che avvii il processo di unità delle forze riformiste, riproponendo il progetto di Unità Socialista con la fiducia che ciò che non fu possibile dieci anni fa è possibile oggi.
Un partito della sinistra che non è la sommatoria dello SDI e dei Ds, ma un partito aperto che guarda oltre i partiti, che guarda alla società, che sa interpretare con intelligenza i nuovi bisogni e i nuovi fermenti che vengono anche dai movimenti di protesta e dal mondo giovanile.
Un partito profondamente laico che crede nei valori fondamentali della laicità dello Stato, per ristrutturare la sinistra italiana in crisi, e per dar vita, come direbbero gli americani, ad una sinistra “decente”, che si lasci alle spalle gli arnesi del marxismo, il vizio dell’autosufficienza ed infallibilità, il disprezzo per l’avversario e quel “purismo morale” che caratterizza ancora la cultura post comunista per cui la colpa è sempre degli altri.
Anche se viviamo in un momento difficile, anche se non c’è oggi in Italia un vento favorevole che spira in questa direzione, per colpa dei Ds che, nonostante il congresso di Pesaro, rischiano di essere risucchiati su una posizione massimalista e per colpa della Margherita che, come abbiamo detto ieri, è troppo post democristiana, noi non dobbiamo abbandonare la nostra posizione.
Sbaglieremmo se di fronte alle difficoltà abbandonassimo la nostra prospettiva, politica e annacquassimo la nostra proposta a scapito della nostra identità.
In questo senso la “casa dei riformisti”, che non può essere il partito di Prodi e Cofferati a cui si aggiunge lo SDI, né una nuova proposta tattica per garantire la nostra sopravvivenza, può rappresentare un’ipotesi di lavoro e una prospettiva strategica solo se si prende atto di due questioni aperte che questo Congresso deve affrontare.
La prima riguarda il fatto che in questo Paese è sempre più chiaro cosa sia il riformismo di destra, mentre appare debole e insufficiente la presenza del riformismo socialista.
La seconda riguarda il fatto che l’Italia è l’unico Paese europeo al quale manca un grande partito socialdemocratico e liberale come forza alternativa al centrodestra.
La casa dei riformisti ha quindi un respiro strategico solo se rappresenta la via che si individua politicamente possibile per dare al nostro Paese una grande formazione socialista e riformista con chi ci sta: l’equivalente in Italia dei grandi partiti socialdemocratici europei, una formazione di centrosinistra con un grande centro ed un cuore socialista, socialdemocratico e liberale.
Intorno a questa posizione possiamo definire unitariamente la sintesi di questo Congresso.

Proponiamo la nascita di una formazione socialista perché siamo assolutamente convinti che questo spazio non è né chiuso, né morto, né occupato ancora da nessuno.
Una nuova formazione politica da costruire nei prossimi due anni affinché si possa presentare con il proprio simbolo alle elezioni europee del 2004; un nuovo partito, riformista per rendere credibile e vincente l’intera coalizione di centrosinistra alle elezioni regionali del 2005 e alle elezioni politiche del 2006.
Vogliamo indicare un percorso da costruire quotidianamente e indichiamo delle tappe precise nelle quali misurarci.
Il nostro è un progetto ambizioso che richiede una grande volontà ed un grande entusiasmo; è contro la rassegnazione della sconfitta e contro la sindrome dell’essere troppo piccoli.
Crediamo anzi che non sia vietato (ma questo spirito l’ho colto anche nella relazione del Segretario) ad un piccolo partito come il nostro di costruire un grande progetto, facendo leva sulla nostra salda tradizione e sulla nostra capacità di elaborare proposte di riforma per affrontare con concretezza e non ideologicamente i nuovi problemi della società.
Per essere molto chiaro nei confronti di alcune voci che ho sentito correre in questo Congresso voglio ribadire che questa è una posizione assolutamente autonomista: noi non siamo filo comunisti ma vogliamo che tutto il partito sia filo socialista.
Nenni ci ha insegnato di non arrendersi mai e noi nel limite del possibile vorremmo seguire il suo insegnamento.
Abbiamo fatto bene a porre in questi giorni questa questione e penso che il partito in qualche modo ci possa essere grato.
Abbiamo dimostrato che questo è ancora un partito vivo, che non ha paura di discutere e che ci sono molti compagni che per amore di questo partito tengono alto il dibattito e il confronto.
Certo così facendo, ponendo all’attenzione dei delegati la discussione su questo documento abbiamo anche posto un’altra questione che dovrà essere affrontata presto: essa riguarda la gestione politica del partito e la sua organizzazione.
Noi vogliamo un partito diverso, un partito nuovo, più grande e più forte, con una gestione aperta e più partecipata, meno centralizzato intorno a poche persone, capace di interloquire di più con i compagni e con tutte le realtà territoriali per sentire gli umori e cogliere dai compagni le indicazioni più utili alla definizione della linea politica.
Se avessimo avuto un partito così non saremmo venuti qui oggi a discutere ciò che avremmo potuto discutere prima, con più calma e coinvolgendo tutte le realtà territoriali del partito.
Intorno ad una prospettiva politica socialista chiara possiamo ricostruire l’unità del partito, perché nella nostra iniziativa non c’è alcun interesse né verso l’organizzazione di una corrente e men che meno verso l’organizzazione di una minoranza precostituita.
La presentazione di questo documento ha avuto solo un obiettivo politico e i suoi contenuti sono stati discussi positivamente nella commissione politica che si è riunita ieri sera.
Ci sono quindi le condizioni perché il Congresso possa concludersi con un documento unitario, ma ci auguriamo soprattutto che il Segretario nelle sue conclusioni sappia cogliere lo spirito di questa nostra iniziativa. A quel punto il nostro documento politico potrà diventare patrimonio di tutti e potrà essere lasciato al Consiglio nazionale come indicazione di lavoro politico.
Cari compagni, abbiamo per le mani una grandissima opportunità: l’obiettivo è che tutto il partito, lo SDI, possa diventare presto, più di quanto non sia stato nel recente passato, un protagonista significativo della ricostruzione del socialismo italiano per dare anche all’Italia un partito della socialdemocrazia europea.

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