12 novembre 2008 - Documento approvato dalla Direzione Nazionale del Partito Socialista

12 novembre 2008

La crisi economica e il ruolo dei socialisti
La situazione del Paese è caratterizzata da difficoltà crescenti sul piano sociale ed economico. La gravissima crisi finanziaria ha investito tutto l’Occidente e si sta riversando sull’economia reale, rendendo davvero problematico immaginare processi di crescita e rischiando di portare l’Europa intera, e in particolare l’Italia (che nel corso degli ultimi quindici anni è cresciuta molto meno della media europea) in una situazione di grave depressione. Si impongono misure immediate sul piano fiscale e degli ammortizzatori sociali, per sostenere i redditi dei lavoratori e dei pensionati, e garantire il credito alle piccole e medie imprese. Per questa via, si devono contrastare le tendenze alla recessione e i rischi di una nuova ondata di perdita dei posti di lavoro. Chiediamo al governo Berlusconi l’adozione di un pacchetto di misure sociali a integrazione della finanziaria, utilizzando i margini di flessibilità del trattato di Maastricht e la riduzione del costo del denaro decisa dalla BCE. Il governo Berlusconi, dopo i primi mesi di luna di miele con l’elettorato favoriti anche dall’assunzione di alcune misure efficaci (sui rifiuti di Napoli, sulla detassazione degli straordinari, la lotta contro i fannulloni nel pubblico impiego), sta iniziando a suscitare le prime perplessità nel Paese, con un consenso che ultimamente va riducendosi cui, però, non fa da contrappeso una maggiore popolarità dell’area di opposizione. Anzi, anche l’opposizione di centro sinistra non gode di particolare fiducia e non è certo rincorrendo la storica vittoria di Baràck Obama negli Stati Uniti che i riformisti italiani potranno risultare più credibili nel loro progetto di cambiamento. La tendenza degli italiani appare confusa e le spinte sembrano orientarsi verso le soluzioni più radicali. Ancor più che alle recenti elezioni politiche, infatti, le aree premiate paiono essere quelle più in grado di dare risposte fondate sulla paura e sulla esigenza di maggior sicurezza: Di Pietro e la Lega, nonchè i movimenti e le aree dell’antipolitica e dell’esterofobia.
Il bipartitismo anomalo all’italiana
E’ evidente che l’accordo di fatto tra Berlusconi e Veltroni per eliminare i rispettivi alleati e creare due partiti a vocazione maggioritaria pare oggi in grave crisi. Da un lato il Pdl deve fare i conti con la crescita della Lega e dall'altro il Pd deve oggi misurare su se stesso i danni dell’apparentamento con Di Pietro, il figlio prediletto divenuto degenere e pericoloso per il futuro della famiglia. Di Pietro oggi è infatti il maggior ricettacolo di voti in uscita dal Pd e viene ora sconfessato (per non aver mantenuto fede ai patti) ora inseguito (vedasi la vicenda abruzzese e l’assurdo tira e molla sulla presidenza della commissione di vigilanza sulla Rai). L’Udc e i partiti
non rappresentati in Parlamento a causa di una ‘abusiva’ interpretazione della legge elettorale (si è inventato l’istituto non previsto della negazione dell’apparentamento che invece la legge considerava premiale) sono oggi al centro di un evidente corteggiamento da parte di entrambi i partiti maggiori. La nostra azione deve essere orientata in una duplice direzione: aperta a tutte le forze disponibili al di là della loro collocazione, con l’obiettivo di contestare le norme di una democrazia zoppa ed atipica, caratterizzata da assenza di decisioni dal basso e gestita da una ristretta oligarchia politica. Si tratta dell’emergenza democratica ed attiene alla questione delle norme elettorali, alla vita interna dei partiti e all’uso dell’informazione. La seconda direzione è quella di contribuire a creare un polo riformista rinnovato in grado di rilanciare una sinistra e un centro-sinistra in crisi, al minimo assoluto di consensi e in preda a una sindrome da impotenza che si esprime quasi esclusivamente con il ricorso alla piazza. Oggi è invece necessario tracciare un itinerario per il futuro dei democratici, dei socialisti, dei riformisti italiani. Quel che serve sono, direbbe Carlo Rosselli: “idee chiare, uomini nuovi, amore per i problemi concreti”.
La questione democratica e la riforma elettorale
L’emergenza democratica è sotto i nostri occhi. In Italia, dal 1979, si parla di grande riforma (Bettino Craxi fu il primo a sottolinearne l’esigenza). Dopo anni di contrasti e di inedia le sole riforme introdotte sono state quelle elettorali (del 1991 sulla preferenza unica, del 1993 con l’introduzione del maggioritario, le riforme elettorali sull’elezione dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, in ultimo la riforma del 2006), la riforma del Titolo V della Costituzione votata dal centro sinistra e confermata dal referendum (ma ritenuta da emendare anche da chi l’ha votata per la confusione di poteri tra Stato e Regioni) e la cosiddetta ‘devolution’ votata dal centro destra e annullata dal referendum costituzionale. Hanno chiamato tutto questo ‘Seconda Repubblica’. A questa confusione di leggi e di norme, che ha lasciat
l’edificio istituzionale in condizioni di visibile precarietà, ha corrisposto la fine dei partiti tradizionali e la nascita di partiti leaderistici senza organi effettivamente collegiali, senza segretari eletti e con pochi iscritti, con la conseguenza che anche la selezione dei dirigenti è venuta meno. Le norme introdotte nel 1993 e nel 2006 hanno affidato di fatto ai leader dei partiti la facoltà di scegliere per intero i candidati per la Camera e per il Senato. A partiti senza vita democratica viene affidato un potere straordinario, il potere più alto mai conosciuto nella storia repubblicana: quello di sostituire gli elettori nella scelta degli eletti. Questo progetto di esproprio della comunità e di appropriazione indebita di funzioni affidate al popolo era stato coerentemente proposto anche per le elezioni europee: sbarramento al 5% ed eliminazione delle preferenze. E’ contro questo progetto che ci siamo con successo mobilitati assieme ad altri movimenti e partiti dando vita al ‘Comitato per la democrazia’. L’incontro tenuto al Quirinale ha consentito infatti al Capo dello Stato di prendere posizione annunciando la necessità di assumere decisioni in materia solo a larga maggioranza, orientamento cui ha dovuto attenersi il Presidente del Consiglio. Noi continueremo comunque la nostra battaglia in difesa del pluralismo e del legittimo diritto dei cittadini di scegliersi i propri rappresentanti. Alle Elezioni Europee del prossimo anno i socialisti concorreranno con proprie liste elettorali, ove risulti evidente l’appartenenza al socialismo europeo, aperte a figure rappresentative della cultura laica e riformista italiana. A questo fine, si deve avviare un confronto anche con i compagni di Sinistra democratica, i Radicali e altre componenti non comuniste per conoscere le loro posizioni al riguardo e verificare la possibilità di intese.
Rifondare il polo riformista
La crisi della sinistra italiana è anche una crisi di idee. La sinistra italiana si dibatte ancora tra la conservazione di vecchi tabù ed una cultura genericamente ‘democratica’. E’ discutibile che cercando di lisciare il pelo alla protesta sulla scuola con il referendum sul decreto Gelmini, il Pd riuscirà a rilanciare il suo progetto di rinnovamento per renderlo più credibile. E’ sbagliato rincorrere Di Pietro sia sul versante del giustizialismo sia su quello del movimentismo. Bisogna contestare il governo sul tema dell’istruzione e sulla genericità dei tagli imposti ma senza confondersi con una difesa acritica e corporativa di un modello universitario che va riformato. I giovani hanno ragione a protestare perché formazione e istruzione funzionano a intermittenza, perché, come recitava un loro efficace slogan, “Il futuro era meglio in passato”. Necessitano grandi cambiamenti sul versante della
competitività, del merito, della qualità. Bisogna contestare la Gelmini perché opera scelte con decreti parziali e non propone (cosa che neppure Fioroni per la verità ha fatto) un disegno globale di riforma. E soprattutto il disagio giovanile può essere efficacemente combattuto con una radicale riforma del nostro stato sociale che non prevede per le nuove generazioni né tutele, né garanzie né premi. Un patto tra le generazioni, sulla scorta delle indagini e delle proposte di insigni economisti liberali e riformisti, non tutti appartenenti all’area del centro sinistra, è ciò che oggi diviene quanto mai attuale. Noi indichiamo tre versanti di ricerca comune: il mercato e le sue regole nel tempo della globalizzazione; le modifiche allo stato sociale italiano; le liberalizzazioni i temi delle culture, delle libertà, dei diritti di terza generazione. La grande crisi propone il rilancio di un’idea di mercato con regole chiare ed eque e di un ruolo attivo ed efficace delle istituzioni pubbliche, dell’Europa e all’interno di una nuova governance mondiale. Un’idea, insomma, di un nuovo socialismo democratico e repubblicano. Il cambiamento della sinistra italiana non è nella sua americanizzazione ma in un riformismo decisamente innovativo che tragga alimento dalle sue radici per proiettarsi nel futuro postindustriale della società della conoscenza, e che faccia di inclusione, merito, responsabilità e rigore i suoi punti cardinali. Per questo rilanciamo la proposta della creazione di un polo riformista radicalmente innovatore, l’unico in grado di interpretare i cambiamenti intervenuti nella società italiana. Una nuova alleanza tra soggetti distinti e separati. Con regole chiare e con il rispetto delle singole autonomie.
Le elezioni amministrative
In generale il Ps sottolinea che la questione delle alleanze locali deve capovolgere una tendenza che in qualche misura è parsa in vigore nel partito: prima gli assessori, poi i consiglieri e infine il risultato elettorale; occorre al contrario prima conseguire il risultato elettorale e infine discutere degli incarichi di governo. Questo vale per l’Abruzzo e per tutte le realtà in cui il partito si presenterà nelle elezioni locali. E’ evidente che il Partito Democratico si presenta in questo come il primo interlocutore, il che non ci deve impedire un confronto con tutto l’arco delle forze di centro sinistra nonché con quelle liste locali che possano essere in sintonia con i nostri programmi. Un confronto tra partiti diversi che rispettano e valorizzano la loro reciproca autonomia. Ciò non significa produrre una ferrea automaticità delle alleanze: per le elezioni provinciali il partito impegna le istanze periferiche a presentare il simbolo elettorale, così come per le comunali delle città con oltre 15.000 elettori, lasciando ampio margine di scelta alle realtà locali nelle restanti consultazioni. Nella definizione delle alleanze deve prevalere il giudizio che si esprime sulle amministrazioni locali, la disponibilità al dialogo del Partito democratico e la convergenza sui programmi cui i socialisti daranno il loro contributo attraverso le ‘primarie delle idee’. I socialisti proporranno infine ‘primarie di coalizione’ quando si tratterà di rinnovare le candidature ai vertici delle istituzioni locali.
Ps: il partito dei riformisti innovatori
Dal congresso di Montecatini ad oggi il Ps, unitariamente, ha teso a caratterizzare la propria azione come quella di un partito presente nelle battaglie civili e sociali. Ha promosso i seminari in materia di Giustizia e Testamento biologico, la raccolta di firme per quattro proposte di legge popolari: precariato, detassazione delle bollette, Costituente, unioni civili. Tutte le realtà periferiche devono sentirsi mobilitate per il successo delle quattro campagne pubbliche. E’ stato il primo partito ad organizzare una raccolta di adesioni ad un manifesto contro l’abolizione del voto di preferenza. Ha lanciato la proposta di costituire il ‘Comitato per la democrazia’ composto dalle forze non rappresentate in Parlamento. Il segretario del partito ha svolto incontri con il segretario del Pd e dell’Udc per intrattenere o consolidare rapporti di dialogo e di collaborazione. Per novembre e dicembre, sono previsti due importanti appuntamenti nazionali sull’università e sulla scuola. Riveste carattere prioritario trasformare anche la periferia del partito in una aggregazione viva e presente nelle battaglie sociali e civili. Oggi il partito è in larga parte del Paese troppo ancorato al potere locale. Un bene laddove il rapporto tra potere locale e voto elettorale è accettabile, un limite dove questo rapporto non si trasforma in iniziativa politica e quindi in consenso. E’ necessario che questa idea di partito-movimento venga condivisa e non sia subordinata né al mantenimento di uno schema di partito tradizionale né alla conservazione di spicchi di potere concentrati in poche mani. A tal fine è necessario che i Comitati Regionali prevedano l’organizzazione di Conferenze Organizzativo-Programmatiche a partire dal prossimo mese di gennaio. Sarà il nuovo Statuto a definire una diversa tipologia organizzativa del partito, a stabilire le incompatibilità – spetterà subito dopo agli organi del partito rimuovere coloro che ne sono portatori -, a prevedere strutture aperte formate da iscritti e da associazioni che collegialmente vorranno aderire ed il coinvolgimento di simpatizzanti e di movimenti di società civile. La Conferenza di Organizzazione fissata a Napoli il prossimo 13 dicembre sarà il momento cruciale per dar vita al Partito Socialista dopo la Costituente. La rivista storica ‘Mondoperaio’ sarà uno degli strumenti per avviare il dibattito sul futuro della sinistra riformista in Italia.



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