UNA LEGGE SUI PARTITI O UNA LEGGE PER I CITTADINI? Di Valdo Spini

30 settembre 2018

UNA LEGGE SUI PARTITI O UNA LEGGE PER I CITTADINI? Di Valdo Spini

Può sembrare strano che in un momento in cui i sondaggi segnano pollice verso nella considerazione per  i partiti e magari segnalano l’attesa dell’opinione pubblica italiana per il “leader forte”, si dedichi un “Quaderno del Circolo Rosselli” alla tematica dell’attuazione dell’art.49 della Costituzione.
E invece non lo è: intanto perché è vero quanto ricorda Gianfranco Pasquino in questo stesso fascicolo, che  l’articolo 49 recita così “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale “. Quindi il messaggio è chiaro: le cittadine e i cittadini sono elettori, ma non solo, possono associarsi liberamente in partiti per fare qualcosa di più e cioè concorrere attivamente a determinare la politica nazionale. Ciò perché spetta ai partiti, in qualunque forma si presentino, di associazioni politiche organizzate, di movimenti, di liste elettorali, compiere due operazioni molto importanti, direi decisive per il buon funzionamento della democrazia, elaborare le piattaforme programmatiche e selezionare i candidati.

I fatti di questi anni ci hanno insegnato che se i partiti non lo fanno, cioè se diventano un coperchio sulla società civile, piuttosto che un filtro attraverso il quale questa possa esprimersi, lo farà qualcun altro al posto loro, magari con altri strumenti. Anche perché “l’aggiramento” dei partiti può avvenire mediante i social, come la vicenda della piattaforma Rousseau del Movimento 5Stelle, ha dimostrato. 

In realtà sono in campo tre aspetti del problema:

-L’organizzazione interna dei partiti, cioè la garanzia che il cittadino possa avere un veicolo di partecipazione democratica sia nella formazione della classe dirigente che nella preparazione delle piattaforme programmatica e non solo nella loro sanzione ex post con il voto. Da questo punto di vista siamo in uno stato di frammentazione e di confusione, ben descritto nei vari articoli che seguono. Invece l’attuazione dell’art.49, cioè la definizione di alcuni parametri democratici cui informare, nella loro autonomia, i singoli statuti dei vari partiti, aiuterebbe a dipanare questo stato di confusione e dare garanzie alle cittadine e ai cittadini che si vogliono impegnare in politica. È infatti vitale che il processo di formazione delle candidature sia accompagnato da precise garanzie di partecipazione. Gli interventi che qui pubblichiamo cercano di analizzare la situazione attuale, le differenze tra “partiti” e “non partiti”, tra ruolo dell’iscrizione ad un partito e ruolo delle primarie, tra espressione del proprio parere in assemblee, in voti nell’urna, in voti sulla rete. Naturalmente non trascuriamo anche di parlare di chi invece effettua semplici designazioni dall’alto.

-La legge elettorale vigente. È ovviamente molto diverso se questa prevede un rapporto diretto tra elettore ed eletto in un collegio con un unico o  un doppio turno, oppure con un sistema di preferenze, o se invece la stessa legge elettorale prevede liste più o meno “lunghe” di candidati del tutto bloccate. Prendiamo l’esempio delle ultime elezioni politiche del 4 marzo 2018. È vero che una buona parte dei deputati erano eletti in collegi uninominali, ma, in assenza di voto disgiunto, la meccanica del sistema era tale che il voto sulla lista della parte proporzionale veniva trasportato direttamente sul candidato dell’uninominale tramite il meccanismo delle coalizioni mentre il voto espresso solo per il collegio uninominale veniva ripartito tra i diversi partiti di riferimento in base alle percentuali nazionali. In altre parole, il voto trainante, il voto che contava era quello espresso sulla parte proporzionale a sua volta era a liste bloccate. Infatti, vari e anche illustri candidati bocciati nei collegi sono stati recuperati grazie alla parte proporzionale senza che su loro fosse stata espressa alcuna preferenza.

-Il finanziamento. Viene oggi da sorridere all’idea che l’abolizione di ogni finanziamento pubblico ai partiti portata avanti dal Partito Democratico e approvata nel 2013 sia stata vista come antidoto alla crescita del Movimento 5Stelle o della Lega senza capire quanto stava avvenendo nel profondo dell’elettorato italiano.  Nadia Urbinati poi, nella sua intervista, mette nel giusto rilievo critico il confronto tra l’istituto italiano del 2 per mille attribuibile ai partiti in sede di dichiarazione dei redditi e quello invece del costume americano del finanziamento capillare da parte dei cittadini e delle cittadine delle campagne elettorali o delle primarie. Al momento in cui scriviamo, abbiamo notizia che nella piattaforma del Movimento5 Stelle è in corso una consultazione preliminare alla presentazione di una proposta di legge per disciplinare il finanziamento privato ai partiti e alle fondazioni politiche. Consideriamo questa notizia come riprova che anche questo tema deve essere ripreso e regolato.[1]

Non affrontiamo in questa sede un quarto e peraltro decisivo tema, quello dell’accesso dei partiti ai mezzi di comunicazione pubblici e privati, non perché non sia importante, ma perché richiederebbe una trattazione ampia e organica adeguata.

Abbiamo riproposto in appendice la proposta di legge n.1995 del 1agosto 1984 che porta il mio nome, e che si avvalse del contributo intellettuale di Enzo Cheli e di Alberto Spreafico, nonché, per la sua stesura, di Sandro Amorosino, in rapporto allora con Massimo Severo Giannini: Questo non per una rivendicazione di bandiera, ma perché in essa buona parte delle tematiche di cui stiamo parlando era già contenuta. (ad es. la strutturazione di Fondazioni a latere dei partiti come strumento di finanziamento degli stessi). Non a caso personalmente non volli che essa fosse esaminata insieme e quindi assorbita, dalle varie leggi approvate negli anni novanta e su cui si diffonde il saggio di Eugenio Pizzimenti, ma che rimanesse come un potenziale punto di riferimento per contribuire oggi alla sfida dell’attuazione dell’art. 49 della Costituzione.

La sida cioè di attuare finalmente, settanta anni dopo la sua approvazione, l’art.49 della Costituzione. Non per i partiti ma per i cittadini.

 



[1] Il finanziamento ai partiti mediante il 2X1000 è regolato dal decreto 149/2013. Per ricevere questo finanziamento occorrono due requisiti: deposito di uno statuto pubblico conforme a principi minimi di democrazia interna nonché registrazione, da reiterare annualmente , del partito stesso e dimostrazione di una presenza nelle istituzioni. Il Movimento 5Stelle non usufruisce del 2X1000.

 

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