UN VOTO PER IL PARTITO CHE NON C’È di Luciano Belli Paci

02 marzo 2018

UN VOTO PER IL PARTITO CHE NON C’È di Luciano Belli Paci

Come è noto voterò per Liberi e Uguali, essendo anche candidato alla Camera nella lista proporzionale a Milano.
Ma principalmente lo farò per votare un partito che ancora non c’è, per farlo nascere.
Un partito di sinistra senza ambiguità e senza subalternità, coraggioso, unitario, laico, “largo”, con procedure interne veramente democratiche. Un partito permanente, che chiuda la stagione dei cartelli improvvisati e delle zattere di fortuna.
Un partito innamorato della Costituzione, perché nessuno dei problemi del Paese deriva da difetti della nostra Carta fondamentale, mentre quasi tutti derivano dalla sua mancata attuazione.
Un partito che non si mette in competizione con la destra per realizzare il suo stesso programma, perché ne ha uno nettamente alternativo.
Un partito che sta dalla parte dei lavoratori, che difende il loro potere contrattuale, la loro dignità, la loro sicurezza.
Un partito vicino alle rappresentanze sociali e vocato a sviluppare sinergie, pur nella reciproca autonomia, con i sindacati, con l’associazionismo democratico e con i corpi intermedi.
Un partito favorevole ad un’ Europa più unita ma completamente diversa, non più arcigna vestale del mercato ma garante di parametri di equità sociale e di sviluppo civile; non più fomentatrice della concorrenza al ribasso nei diritti dei lavoratori e nelle politiche di welfare, ma promotrice di standard più elevati di protezione che liberino le persone dal bisogno e dallo sfruttamento.
Un partito promotore di laicità, pluralismo religioso, diritti civili, parità femminile, diritti del mondo lgbt.
Un partito coerentemente antifascista, legalitario, garantista e libertario.
Un partito che non si limita a denunciare il razzismo, la xenofobia, l’intolleranza e il populismo, ma che dando rappresentanza alle periferie, ai deboli, agli umiliati, agli sfruttati … evita che tutti costoro vengano abbandonati alle seduzioni delle destre, svuota i serbatoi della solitudine e della paura.
Un partito così bisognerebbe chiamarlo Partito Socialista, perché da lì veniamo tutti. Ma non voglio cedere al patriottismo della mia storia. Chiamiamolo Partito del Lavoro. Anzi, Partito Italiano del Lavoro: PIL.
Così farà piacere a tutti vederlo crescere.

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