UN SALVATORE IMPROBABILE. MARTELLI E IL SOCIALISMO ITALIANO di Alberto Benzoni del 3 giugno 2020

03 giugno 2020

UN SALVATORE IMPROBABILE. MARTELLI E IL SOCIALISMO ITALIANO di Alberto Benzoni del 3 giugno 2020

Ho letto con attenzione il primo numero dell’Avanti mensile. Vi ho trovato tutto quello che mi aspettavo che ci fosse. Ma niente di quello che speravo che ci fosse.

Come socialista, iscritto nel 1956 e partecipe di tutte le sue vicende e, soprattutto, della sua condizione attuale, mi sarei accontentato di poco. Che so, di un richiamo rispettoso e magari un tantino commosso al nostro passato, a partire dal ruolo del nostro giornale; e un minimo di impegno e di aspettativa per il nostro futuro. A partire, così da parlare a tutti, dalle vicende che ci hanno visti protagonisti o vittime in questo arco dell’anno; e da una loro interpretazione possibilmente condivisa.

Ricordo, allora, che nell’arco di tempo tra maggio e luglio la sede dell’Avanti subì ben due distruzioni; e questo perché era stata ricostruita grazie al sacrificio e l’impegno di diecine di migliaia di compagni. L’Avanti era loro voce, lo strumento della loro emancipazione; così come lo erano le leghe, il mutuo soccorso, le cooperative, i comuni, le municipalizzate e tutte le altre strutture da loro create nel corso di decenni. E ricordo ancora che è contro questo socialismo reale e non contro un comunismo/rivoluzione immaginari che si scatena la violenza distruttrice dello squadrismo fascista. Con il plauso costante del Corriere della Sera e del potere costituito; e nel nome di uno scontro di classe che è sempre, almeno potenzialmente, visto come uno scontro a somma zero.

Ricordo ancora che ad attirare su di sé l’odio più totale non furono i comunisti maestri di una rivoluzione di là da venire ma un grande dirigente politico, di cui celebreremo tra pochi giorni l’anniversario della morte: sempre meno numerosi e nella disattenzione sempre più generale. Parlo, naturalmente, di Giacomo Matteotti. Uno che poteva avere tutto dalla vita e che sacrificò tutto: carriera, affetti, esistenza quotidiana alla causa in cui credeva. Fu il primo a capire quale fosse la natura del fascismo e la necessità di combatterlo senza compromessi; e a mettere in gioco scientemente la sua vita perché lo capissero anche gli altri.

Ma la fine di maggio è anche la data in cui fu varato da Giacomo Brodolini lo statuto dei diritti dei lavoratori. Fu il suo ultimo impegno politico prima della sua morte; e fu motivato dall’esigenza di “stare sempre dalla parte dei lavoratori”. Non si trattava di una sparata del momento ad uso e consumo dei media o della pubblica opinione. Era l’espressione della vocazione esistenziale del socialismo democratico e dei suoi più grandi esponenti: che si trattasse di Jaurès o di Turati; di Otto Bauer o di Blum; di Bevan o di Schumacher; di Brandt, di Palme o di Nenni, Lombardi o De Martino.

Ed è in nome della difesa degli interessi generali del mondo del lavoro e della fiducia nel suo futuro che la vocazione all’unità è rimasta patrimonio storico del socialismo europeo: con, senza, all’occorrenza contro gli stessi comunisti e nella convinzione che la loro vocazione alla divisione e allo scontro, anche se non soprattutto all’interno della sinistra, sarebbe stata superata dalla storia, con il ritorno nel grande fiume socialista. Unità nella conquista ma anche nella difesa; nella consapevolezza, acquisita sulla propria pelle, che il compromesso democratico tra socialismo e capitalismo era un compromesso fragile e sempre passibile di essere rimesso in discussione.

Ricordare tutto questo è per tutti i socialisti fonte di grande sofferenza. Il nostro passato è stato cancellato, anzi sepolto. Il nostro presente è triste e misero. Il futuro è uno spazio potenzialmente infinito ma di cui abbiamo perso la chiave d’accesso.

Ma quando ci tocca leggere nell’introduzione del primo numero dell’Avanti! che l’unità significava sottomissione e che l’idea stessa del contrasto di classe è un ferrovecchio da buttare via; e, ancora, che i socialisti non hanno alcun ruolo da svolgere durante e dopo la tempesta che ci ha colpiti, allora la nostra sofferenza assume i caratteri di un’offesa intollerabile.

Ci diranno che viviamo tempi assai grami e che, per vivere, abbiamo bisogno di protezione. Ed è vero.

Ci diranno che tra i nostri protettori di ieri e di oggi(nell’ordine Prodi, Berlusconi, D’Alema, Veltroni, Bersani, Renzi, Calenda, Bonino) Martelli è certamente il migliore, non foss’altro perché è un protettore interno. E anche questo è vero.

Resta però il fatto che lo stesso Martelli è un liberale (in quale senso sarà lui a stabilirlo). Ed è uno che con il socialismo senza aggettivi non ha voluto né vuole avere niente a che fare. Ma, allora, è lecito chiedersi e chiedergli quale sia il senso di questa sua nuova avventura. Ammesso ma non concesso che ne abbia uno.

 

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