UN ELETTORE IGNOTO DI SOCIALISTI IN MOVIMENTO INTERVIENE COME CONVITATO DI PIETRA AD UNA RIUNIONE DELLA NUOVA SINISTRA Anonimo 28 settembre 2017

28 settembre 2017

UN ELETTORE IGNOTO DI SOCIALISTI IN MOVIMENTO INTERVIENE COME CONVITATO DI PIETRA AD UNA RIUNIONE DELLA NUOVA SINISTRA Anonimo 28 settembre 2017

So che alcuni di voi, personalità e/o gruppi della sinistra di opposizione, hanno chiesto una specie di pausa di riflessione; così da discutere insieme il già fatto e il da farsi in vista delle prossime elezioni.

E’ un appuntamento assolutamente necessario. Cui vorrei essere presente. Sia pure nella veste di convitato di pietra. E, allora, comincio col presentarmi.

Io sono l’elettore ignoto della sinistra. Uno di quelli che votava tranquillamente per voi sino alla fine degli anni ottanta; e che poi ha cominciato a smarrirsi, sbandando in tutte le direzioni e, in particolare, verso quella dell’astensione.
Sono, almeno in parte, tornato verso di voi nel referendum del 4 dicembre. Dove mi è stata offerta l’occasione, non solo e non tanto di valutare un progetto di riforma costituzionale nei suoi specifici contenuti quanto di esprimere un giudizio sul governo che l’aveva proposta, sugli obbiettivi che perseguiva e, più in generale, sulle politiche sviluppate dai governi della seconda repubblica nell’arco del trascorso ventennio.

Si dirà che quel voto non apparteneva a nessuno. Ed è vero. Ma è anche vero che il no del 60% degli italiani, particolarmente massiccio nelle aree di maggiore disagio, interpellava in modo particolare le forze politiche e istituzionali della sinistra.

Ora, a ridosso delle elezioni siciliane e a pochi mesi di distanza da quelle per il rinnovo del Parlamento e di importanti regioni, il vostro bilancio è percepito, e non solo da noi, come globalmente negativo. Un governo e un sistema parlamentare, di cui il Pd dovrebbe essere il centro motore, giunti all’esaurimento psicofisico così da non essere in grado di produrre una legge elettorale decente e di far passare provvedimenti importanti quali quelli sullo jus soli, il testamento biologico e l’avvio dei lavori della commissione d’inchiesta sulle banche. Un Pd che lungi dall’essere sinistra di governo o nuovo partito democristiano, si rivela totalmente eterodiretto: dai papi esterni (giù giù da Prodi sino a Leoluca Orlando), dalla magistratura, da Bruxelles, dalla cultura di destra e, in definita, dai sondaggi.

Al termine di tutto questo, il disastro annunciato; con i cultori dello sconfittismo già pronti a ragionarci sopra.

Quello che però non è affatto annunciato e/o scontato è che questo disastro debba coinvolgere anche la sinistra di opposizione. Anche perché questa stessa sinistra avrebbe dovuto e potrebbe ancora rimodulare la sua struttura e i suoi obbiettivi seguendo le  indicazioni o, se preferite, le aspettative dei suoi “elettori ignoti”.

 - Vogliamo, per prima cosa, una sinistra unita. Che significa, nel nostro caso, una unica lista per cui votare: il nome e il simbolo ci vogliono ma contano fino a un certo punto; conta il fatto che questa lista si richiami espressamente ai valori e ai principi comuni che abbiamo, insieme, difesi nel referendum.

- Vogliamo uno schieramento aperto a “tutti quelli che ci stanno”. Quindi, per favore, niente pregiudiziali o esclusioni basate sui processi al  passato. Nel passato siamo stati sconfitti tutti;  abbiamo sbagliato tutti; quindi nessuno, dico nessuno, ha l’autorità politica o morale per scagliare la prima pietra.

- E, ancora, niente risse basate su divisioni ideologiche precostituite, magari a proprio uso e consumo. Si può pensare quello che si vuole del Pd: ma non si risolvono i nostri problemi affollandosi alle sue porte in attesa di un suo invito o, viceversa combattendolo  dovunque come il male assoluto. Dobbiamo lavorare per noi stessi; per costruire quella sinistra degna di questo nome che ancora non c’è. Senza la quale non potremmo mai misurarci efficacemente con gli altri.

- Allo stesso modo dobbiamo muoverci a livello europeo. Contestando l’assetto e le regole attuali ma per cambiarle; discutere e dividersi sull’uscita dall’euro o dalla stessa Ue significherebbe, invece, dare per scontata la nostra sconfitta.

So che state discutendo in giro per l’Italia di “programmi”. Diciamo di impegni da assumere, in base alle sollecitazioni della gente. Fatica meritoria; ma al tempo stesso sensazione di trovarsi in un binario morto. Per la prima e banale ragione che non ci sarà nessun Ulivo a governare il paese così da attuare, almeno in parte, il nostro programma. Ma anche per la seconda, e questa sì dirimente ragione che, per fare arrivare il nostro messaggio, dovremmo preventivamente riuscire a farci ascoltare; oggi come oggi “missione impossibile”.

Per riuscirci, dobbiamo alzare i toni e semplificare il nostro messaggio. Abbiamo contro di noi una linea politico-ideologica ( in estrema semplificazione, quella dell’ordoliberismo) contestata sì nei suoi effetti sociali ma accettata in linea di principio dalla politica e dai media come l’unica possibile e senza alternative;  accanto a noi una disgregazione delle comunità che garantivano alla base la nostra esistenza; e, dietro di noi, un senso comune populista che demolisce ad uno ad uno i punti di riferimento essenziali della nostra iniziativa politica: lo stato come garante della Costituzione e della sovranità nazionale , il valore del pubblico, il ruolo della politica e dei partiti, l’Italia come comunità,la democrazia civica, la lotta alle disuguaglianze sociali e territoriali, la solidarietà delle classi subalterne.

Una narrazione congiunta che, se portata alle sue estreme conseguenze, non solo nega le ragioni stesse della nostra esistenza, ma contiene anche in sé un pericolo mortale per la democrazia nel nostro paese.  E, allora, se vogliamo continuare ad esistere, e non come reperti da museo, dobbiamo reagire. Allo stesso livello. E con la stessa intensità.

Attenzione però al nostalgismo . Non stiamo tentando di resuscitare il passato né di difendere il presente quando è indifendibile. Stiamo aggiornando i nostri strumenti e, con essi, i nostri propositi in una prospettiva futura. Solo così potremo ridiventare credibili.

Aggiornarci, significa in primo luogo dare ai nostri progetti una dimensione europea. Non ha senso invocare, che so in materia di investimenti pubblica o di politica di integrazione l’eccezione italiana in un’Europa necessariamente ostile; ha molto più senso rendere italiana componente di una nuova strategia europea. E per questo occorre costruire alleanze: tra stati come tra partiti; ridiventare “larghi”.

La nostra, qui e oggi, non è l’adunata dei refrattari in partenza per il ridotto della Valtellina. E’ piuttosto la prima tappa di un percorso per  riconquistare l’intero paese.

Mi rendo conto, avviandomi alla conclusione, che dicendo “noi”mi affido più all’ottimismo della volontà che a quello dell’intelligenza. So bene che l’eredità del vostro passato ( compreso un antisocialismo che è diventato una specie di tic pavloviano insieme comico e irritante) fatta di risse, di divisioni, di autoreferenzialità esasperate, di reciproci fallimenti, vi spinge verso nuove divisioni e comuni disastri. Ma so anche, o almeno spero, che l’istinto di sopravvivenza vi spinga verso la lista unica.

Non vorrei allora che sbagliaste completamente il percorso per arrivarci. E mi permetto perciò di darvi qualche suggerimento in proposito.

Primo, collocate nelle sue giuste dimensioni il problema del leader. Non state scegliendo un candidato alla presidenza del consiglio. Non dovete inchinarvi di fronte a capi carismatici. Nessuno tra voi possiede un prestigio o un’autorità sufficienti per alzare una bandiera e dire “seguitemi”. E allora, evitando la trappola delle primarie (che funzionano solo quando il loro verdetto non viene contestato), affidatevi, di comune accordo, ad un vecchio saggio, al di sopra della mischia e in grado di garantire, insieme, la serietà del progetto e le posizioni di chi vi partecipa. Il vostro problema non è quello di creare nuovi capi e capetti ma di formare, anche a partire  dai territori, una nuova classe dirigente ( e in questo caso, anche con il metodo delle primarie). Ricordatevi che non state costruendo un partito ma uno schieramento politico; e agite di conseguenza.

Secondo, ricordatevi, in conclusione, che sono e rimango il vostro socio di riferimento. Al vostro fianco se saprete avviare la costruzione di una sinistra degna di questo nome. Pronto a ritornare nel nulla se mancherete all’appuntamento.

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