SISTEMI ELETTORALI E POLITICA DELLE ALLEANZE di Alberto Benzoni del 27 luglio 2020

27 luglio 2020

SISTEMI ELETTORALI E POLITICA DELLE ALLEANZE di Alberto Benzoni del 27 luglio 2020

Secondo Matteo Renzi, massimo interprete e volgarizzatore della cultura politica della seconda repubblica, i sistemi elettorali si dividono in due grandi categorie: quelle in cui il cittadino può andare a letto tranquillo “sapendo chi ha vinto”; e le altre, leggi il proporzionale.

Nel primo caso tutto è certo, chiaro e veloce. Vigente, in varie forme, il maggioritario, presidente, anzi premier anzi governatore sarà il capo della coalizione vincente. Il programma sarà quello concordato dalla coalizione; nessuno lo conosce ma sarà il capo a garantirne la realizzazione nei tempi più rapidi possibili. Con la legittimazione preventiva a fare tutto e il contrario di tutto, derivante dal mandato elettorale.

Nel secondo, invece, tutto è incerto, confuso e defatigante. Anche perché affidato ai giochi della politica, agli inciuci, alle mediazioni, ai ricatti. Parlamento padrone, esecutivi fragili e di breve durata. E via discorrendo.

In questo nuovo (e del tutto inconsistente) immaginario collettivo, la causa del proporzionale puro (con l’aggravante del voto di preferenza) era segnata in partenza. Tanto più che il suo più accanito difensore, l’ex Pci ("do you rememeber legge truffa?") si era schierato, da subito a difensore del maggioritario “senza se e senza ma”.

Per lungo tempo questa scelta si sarebbe rivelata pagante. Perché il centro-sinistra, mai maggioritario nei consensi, avrebbe potuto vincere, e di strettissima misura, tre elezioni su sei, grazie alla sua maggiore capacità coalizionale; mentre lo stesso sistema garantiva la supremazia della Quercia sui cespugli fino a ridurne progressivamente la stessa consistenza elettorale.

Ora, dopo il 2013 e, soprattutto, dopo il 2018, avere, insieme, la vittoria sull’altro campo e l’egemonia nel proprio è, invece, diventato impossibile. Detto in parole povere, se vuoi battere il centro-destra devi costruire una alleanza inclusiva e rispettosa delle ragionevoli esigenze dei tuoi partner e della loro autonomia: ma questo può avvenire solo nel quadro di un proporzionale con ragionevoli soglie di sbarramento (tenendo anche conto del fatto che, a differenza di quanto accade nell’altro campo, quasi tutti i tuoi potenziali alleati sono al di sotto del 3 %). Se, invece, il tuo vero obbiettivo è di essere padrone del tuo campo, il maggioritario a turno unico va benissimo. E a illustrarne i, diciamo così, meriti vale quanto sta accadendo alla vigilia delle prossime regionali. Dove la pseudo trattativa tra Pd e M5S ha, in realtà, la caratteristica di un ultimatum: o accettate di votare per il nostro candidato uscente (anche se l’avete, a torto o a ragione, costantemente osteggiato) o andiamo avanti lo stesso e ve la faremo pagare alle urne. Niente di scandaloso; basta capire di cosa si tratta.

Nella prospettiva delle prossime elezioni politiche la natura e le conseguenze delle due opzioni sono di un’evidenza impressionante.

Vuoi battere il centro-destra ancora prevalente nei sondaggi? E allora scegli la prima, lasciando alle varie formazioni, piena libertà di esprimere, sino in fondo, la propria diversità e i propri obbiettivi; nella consapevolezza che, a metterli insieme, all’indomani del voto, basteranno e avanzeranno la volontà di sbarrare la strada agli avversari (a questi avversari) e il comune riferimento all’azione del governo e del presidente del consiglio (che, per inciso, si guarderà bene dal ripetere l’errore madornale di Monti).

Vuoi, invece, essere egemone nel tuo campo? E allora il tuo vero avversario saranno i Cinque stelle. Potrai facilmente sconfiggerli; in attesa di battere il centro-destra al prossimo giro.

Potreste dire che tra le due opzioni non c’è partita. Ed è così. Ed è per questa ragione che Pd e M5S avevano lavorato a un progetto di proporzionale puro, modello germanico. Poi, però, Renzi e Leu hanno protestato. Normale amministrazione. Normale ricatto. Soluzione a portata di mano.

A questo punto, però, i grandi sepolcri imbiancati della seconda repubblica, Prodi e Veltroni hanno fatto sentire la loro voce: maggioritario eticamente superiore al proporzionale e via discorrendo. E si ha come l’impressione che la loro voce abbia avuto un effetto paralizzante.

Staremo a vedere. Ma è lecito sospettare che il Pd preferisca il certo all’incerto. O, detto più chiaramente, la possibilità di essere, comunque socio di minoranza all’interno del sistema esistente semplicemente perché non possiede né la capacità né la volontà di rimetterlo in discussione. Non è novità. E’, e in circostanze e in un contesto assai deteriorato, il “non si governa con il 51%” di Berlinguer. O, peggio ancora, l’autosufficienza dello stesso Veltroni: Pd al 33% ma nel contesto della più cocente sconfitta del centro-sinistra degli ultimi decenni; e in un contesto in cui Berlusconi era il “capo dello schieramento a noi avverso” e lo stesso Uòlter aspirante al ruolo di oppositore di sua maestà.

Staremo a vedere. E ci auguriamo di essere smentiti.

 

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