Risultati scarsi: la destra al governo si rifugia nella prepotenza di Alfiero Grandi del 1 Giugno 2025
01 giugno 2025

Risultati scarsi: la
destra al governo si rifugia nella prepotenza
di Alfiero Grandi del 1
Giugno 2025
Il governo cambia pelle. La
continuità è il racconto di un paese che non esiste, in cui tutto va per il
meglio, mentre anche nelle relazioni internazionali l’Italia è ai margini,
inefficace. L’ansia di costruire una credibilità internazionale del governo
lascia il passo a una marginalità evidente, la rivendicazione di essere un
ponte tra Usa ed Europa è un’autoesaltazione esagerata. Mentre sono evidenti la
ritrosia a prendere iniziative forti per fermare la strage in corso a Gaza
compiuta da un alleato come Nethanyau, l’imbarazzo a fare i conti con le follie
di Trump non solo sui dazi (contrastate dai magistrati) dipinto addirittura
come un riferimento politico, per non parlare dello stallo europeo nel prendere
iniziative per la pace in Ucraina nel vuoto che sta lasciando l’inconcludente
iniziativa americana.
Sfumano le grandi riforme
istituzionali dell’assetto dello Stato
All’inizio il governo Meloni
ha usato la grande maggioranza ottenuta in parlamento per dare credibilità a
proposte di legge bandiera per le 3 destre al governo: autonomia regionale
differenziata alla Calderoli, attacco all’autonomia della magistratura, elezione
diretta del Presidente del Consiglio, da trasformare in un capo assoluto del
governo, che per di più potrebbe contare su un parlamento subalterno, iniziando
la costruzione di una vera e propria “capo-crazia” (Ainis) non lontana da
un’autocrazia.
Il luccicore di queste
proposte oggi è appannato. La Consulta ha bocciato largamente la legge di
Calderoli, il quale oggi cerca di rimontare con un progetto di legge correttivo
che ha la sfacciataggine di raccontare all’Italia che i livelli di prestazione
che verranno (a chiacchiere) garantiti non costeranno un euro in più. Siamo da
capo: alcune regioni forti potrebbero prendersi i poteri perché hanno le
risorse mentre altre non potranno farlo. I cittadini sarebbero sempre più
diversi tra loro a seconda se risiedono nelle regioni più ricche o in quelle
deboli e per di più i cittadini rivolgerebbero le loro critiche alle regioni
inadempienti anziché al governo nazionale.
Ora nel mirino c’è la
magistratura
L’attacco all’autonomia della
magistratura ha conquistato la prima fila tra le modifiche delle destre alla
Costituzione, da realizzare ora perché il governo è convinto di vincere il
referendum popolare previsto dall’articolo 138 e perché i controlli della
magistratura sugli atti del governo gli risultano insopportabili. Ultimo caso
la sentenza della Cassazione sui centri di detenzione per i migranti in
Albania. Il governo ha deciso di portare avanti l’attacco all’autonomia della
magistratura partendo dalla separazione delle carriere ma proponendo il
sorteggio della loro rappresentanza nel Csm (anzi dei Csm) per indebolire
l’autonomia della magistratura nella nostra Repubblica.
Il premierato per ora marcia
sul posto, in attesa, perché questa proposta è vittima anzitutto delle sue
contraddizioni. Alcune nel testo, come il rapporto stretto con la legge
elettorale e ancora di più il contrasto evidente con il ruolo del Presidente della
Repubblica che si vorrebbe drasticamente ridimensionare ma Mattarella è molto
apprezzato in Italia e all’estero. Rischiare lo scontro frontale con il
Presidente della Repubblica potrebbe essere un guaio per il governo Meloni, per
questo sta esaminando altre strade come cambiare prima la legge elettorale, una
sorta di acconto sul premierato, e spostare il referendum popolare a dopo le
elezioni del 2027. Deve essere chiaro che le destre puntano a essere decisive
nell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica nella prossima legislatura.
Sulle modifiche istituzionali
e costituzionali siamo entrati in una nuova fase. Il governo Meloni ha perso lo
slancio del 2022 e usa la maggioranza parlamentare (15% di premio di
maggioranza) come un randello sull’opposizione. È evidente l’ansia del governo
Meloni di non riuscire a spiegare al paese come mai malgrado tanto potere si
sia realizzato così poco nelle politiche concrete.
L’Istat dimostra che il
Paese è sempre più in difficoltà
L’ultimo rapporto Istat
dimostra che l’Italia è in difficoltà, ha un peggioramento nelle condizioni di
vita, i poveri superano i 6 milioni, i redditi da lavoro e da pensione sono in
riduzione, non a caso i metalmeccanici sono costretti ad un altro sciopero
generale per il contratto. Si rischia perfino di non usare bene i fondi del
PNRR o di doverli restituire in parte.
Da questo deriva la frenesia
di fare in fretta (e male) con decreti legge affastellati, combinati con i voti
di fiducia, diventati una regola, e riducendo il parlamento a un ruolo
subalterno al governo, visto che è “obbligato” ad approvare quello su cui il
governo chiede la fiducia.
Un tecnicismo rivela la
fretta e il clima da caserma in parlamento. Pur di fare approvare in fretta le
modifiche della Costituzione sulla magistratura la presidenza del Senato – a
maggioranza – ha deciso che il “canguro” (un emendamento del governo che assorbe
tutti gli altri) può essere usato già in commissione che è la sede più
importante di confronto nell’esame delle proposte di legge. Così si vuole
tagliare il dibattito e ottenere un’approvazione rapida delle proposte di
legge, il confronto parlamentare con le opposizioni può attendere.
Il manganello per relegare
l’opposizione sociale in un recinto
Viene usato il manganello
imponendo le decisioni, relegando l’opposizione in un recinto senza darle la
possibilità di incidere. Anziché essere parlamento, cioè discussione, è il
dominio del noi contro voi, una sorta di nuovo, invisibile muro di Berlino, che
cambia la sostanza del funzionamento della democrazia. Le opposizioni stanno
ritrovando voce e qualche sintonia in più e questo è positivo, ma debbono
trovare la forza di una sintesi che renda evidente all’Italia che una
alternativa alle destre è possibile ed è una speranza da sostenere. Un primo
appuntamento importante sono i 5 referendum dell’8/9 giugno, ricordando sempre
che la partecipazione al voto elettorale e quello ai referendum è diverso. Con
i referendum si decide una scelta con un Si o un No, in modo preciso e in
questo caso sono diritti di chi lavora e dei migranti per favorirne
l’integrazione.
Anche sul decreto sicurezza
il governo ha deciso di troncare la discussione per imporre 14 nuovi reati e 9
aggravamenti di pena. Il governo ha trasformato in decreto legge le norme su
cui il parlamento stava discutendo da 14 mesi. Difficile sostenere l’urgenza
del decreto. L’argomento è stato sottratto al parlamento per accreditare
un’iniziativa dura, per fare la faccia feroce con le aree marginali, per
colpire le proteste e il dissenso, mentre verso i colletti bianchi ha
cancellato il reato dell’abuso d’ufficio, ha reso complicate le indagini dei
magistrati riducendo a 15 giorni le intercettazioni.
Evidentemente il clima nel
paese è cambiato e si vuole ottenere strumenti di repressione che comportano
più galera in un paese che ha le carceri che scoppiano. Una deriva securitaria.
Il professor Rondelli ha affermato in parlamento che ogni svolta autoritaria è
anticipata da strette repressive giustificate con l’obiettivo della sicurezza,
un avviso all’Italia.
Siamo oltre la metà della
legislatura e da settori amici il governo viene rimproverato di avere perso
tempo e quindi reagisce preoccupato perché il carniere dei risultati non è così
forte, solo quello dei tanti condoni, ed usa i numeri in parlamento con arroganza,
“dimenticando” l’enorme regalo di maggioranza parlamentare ricevuto, non di
voti.
È emerso un lato autoritario
per la preoccupazione di avere pochi argomenti a favore e pochi risultati da
rivendicare. Che bisogno c’era delle destre al governo per tenere i conti
pubblici in ordine? Bastavano un Monti o un Draghi. Anche perché i conti
pubblici in ordine Giorgetti li realizza sequestrando il drenaggio fiscale
sulla differenza tra redditi reali, che sono calati, e i redditi nominali che
crescono un poco ma vengono ridotti dal prelievo.
La propaganda sostituisce le
scelte, viene messa all’indice l’opposizione, spesso insultata, si vuole
argomentare senza possibilità di replica, sono tutte tecniche autoconsolatorie.
Difficile non vedere similitudini autoritarie con Trump e il suo fastidio per
chi la pensa in altro modo, per fortuna anche negli Usa ci sono magistrati
coraggiosi.
Magistratura e provvedimenti
definiti per la sicurezza sono ora al centro dell’iniziativa di un governo in
difficoltà, nervoso, ansioso di fare presto ad ogni costo.
Contrastiamo fino in fondo la
proposta sulla “sicurezza”, che vuole impedire le manifestazioni di protesta, i
picchetti degli operai che difendono il loro lavoro, vuole cacciare dalle case
occupate sbattendo sotto i ponti i più deboli, e prepariamoci ad appoggiare i
magistrati contro chi li vorrebbe separati nelle carriere, sorteggiati per
azzerare il valore della loro rappresentanza, sotto il controllo disciplinare
di una commissione estranea, in sostanza subalterni. Non a caso il Ministro
Nordio ha iniziato a criticare sentenze e decisioni dei magistrati, il passo
successivo è quello di un governo che punta a dare direttive ai magistrati,
sicuramente a quelli inquirenti, mandando in soffitta la loro autonomia dal
potere esecutivo.
Più aumentano le difficoltà e
sono scarsi i risultati, più aumenta la deriva autoritaria e prepotente della
maggioranza delle destre.