QUANTA MISERIA SENZA NOBILTA’, colloquio con Rino Formica, da l’Espresso, 11 novembre 2010

06 dicembre 2010

QUANTA MISERIA SENZA NOBILTA’, colloquio con Rino Formica, da l’Espresso, 11 novembre 2010

Formica: 'Erano meglio i nani e le ballerine'di Denise Pardo Gli errori di Berlusconi. Lo scontro con Fini. La politica ridotta a governismo. E i nani e le ballerine di ieri e di oggi. Raccontati da un irriducibile socialista.

Con la sua famosa frase "un circo di nani e ballerine" riferito ai componenti dell'ultima Assemblea Nazionale del Psi, fotografò lo stato impietoso del suo partito e l'inizio del declino della Prima repubblica. Ora, Rino Formica, classe 1927, pluri ministro, che ha fatto godere cronisti, colleghi e avversari politici per la sua arguzia e le sue battute memorabili, è un attivissimo presidente del movimento Socialismo è Libertà, scrive pensum per "il Foglio" e soprattutto non ha perso il brio di un tempo. All'epoca della moltiplicazione dei nani e delle ballerine, più un'invasione ormai, sullo sfondo di una seconda Repubblica al tramonto, l'uomo che dichiarò come la politica fosse "sangue e merda" commenta la politica di adesso, il fattore Berlusconi, la nuova frontiera Fini, il progetto della Chiesa, il ritorno dei socialisti e il ruolo del Quirinale dove è insediato il grande amico Giorgio Napolitano.
Così è colpevole di due indimenticabili definizioni: il "circo di nani e ballerine" dell'Assemblea Nazionale Psi e la formula "chimica" della politica, " sangue e merda". Oggi cosa direbbe?
"A ripensarci, l'assurdità era che allora i nomi erano, chessò, Lina Wertmüller, Umberto Veronesi, Vittorio Gassman. In realtà, volevo dire che erano nani e ballerine, ma politicamente. Per esempio, oggi, una di queste escort magari è un genio nel suo campo e scrive pure poesie, ma che diavolo c'entra con la politica? Così, quando parlai di sangue e di merda mi riferivo alla passione e alla contaminazione. Ora, certo, c'è l'esaltazione dell'elemento contaminazione, c'è la merda. Il sangue è sparito. Sono passati vent'anni da quell'epoca - e a pensarci bene anche il fascismo è durato un ventennio e il nazismo 13 anni - e tutti tutti devono fare un esame di coscienza. Se Berlusconi lasciasse il campo, mi creda, né un premio Nobel né un anacoreta del deserto migliorerebbe lo stile generale e lo stato di quell'esercito là".
Ha assistito al crollo della prima Repubblica. Siamo a quello della seconda?
"Può finire ciò che non è mai nato? Impossibile. Però chiariamo, se no l'analisi è vaporosa: stiamo assistendo a una crisi di sistema o a un'ordinaria crisi politica? Se si tratta di quest'ultima, mettiamoci l'animo in pace, si risolverà. Io credo invece che da trentanni i problemi di questo Paese siano sempre gli stessi e sempre in discussione, con rattoppi fatti solo per la navigazione a vista. Il grande sforzo dei primi anni della vita repubblicana è stato di riuscire a conciliare il rapporto tra il popolo e lo Stato. Poi via via il ceto politico ha disatteso il problema e in questi vent'anni si è finito per confonderlo con l'accesso al governo. Tutto il sistema dei partiti è diventato governismo, non ha la visione della prospettiva ma la prospettiva del come passare la giornata. Questa differenza sostanziale è la tragedia di oggi".
Alla ribalta, ora la nuova veste di Fini.
"Sa, Fini e Berlusconi hanno lo stesso popolo, gli stessi difetti politici, le stesse aspirazioni. L'uno è impaziente di attendere la mano della provvidenza per la sostituzione, l'altro è ostile nel dover accettare l'argomento successione visto che lui ha stretto il patto col diavolo. Lo scugnizzo napoletano simpatico che è Italo Bocchino ha aperto la kermesse in Umbria sottolineando che a diifferenza di quello del premier, nel nuovo partito tutti si devono far giudicare. Tutti meno uno, Fini. Così dal "Meno male che Silvio c'è " siamo al "Gianfranco che c'è e ci sarà"".
È critico verso Fini.
"Il partito di Berlusconi sente la disgrazia di doversi tenersi Silvio. Il partito di Fini mostra gli umori profondi dell'Msi. Penso sia nato un antiberlusconismo ostacolo a un capo provvisorio e un po' macchietta ma desideroso di un capo vero. Cosa c'è nel discorso di Fini salvo una spruzzatina di laicismo? Il nazionalismo di Luigi Federzoni, il volontarismo di D'Annunzio, l'avvenirismo di Marinetti, la sbrodolatura del futurismo. Ha dovuto anche concedere qualcosa alla prima Repubblica. Così: quanto era bella 'sta prima Repubblica che teneva Berlinguer, Moro, La Malfa e poi ha aggiunnto, anche Almirante. Ma Almirante era anti prima Repubblica. Non può far parte del Pantheon. Fino al 1992 da tutto l'arco costituzionale l'Msi era considerato fuori dall'arco costituzionale. E poi, via, si è mai visto un presidente del parlamento che evoca una crisi extraparlamentare? Sa che le dico? Berlusconi e Fini sono del tutto speculari".
Siamo alla fine del berlusconismo?
"Il Cavaliere è la forma esasperata di una degenerazione del Paese. Impersona un fenomeno di massa. Ma attaccare lui è solo un giustificazionismo consolatorio, La causa è quella che ho spiegato prima, il corto circuito tra popolo e Stato. Ma l'effetto è che agli inizi degli anni Novanta Berlusconi sarebbe fallito se non si fosse salvato con la collocazione dei titoli patrocinata da Massimo D'Alema. D'altra parte, se è passata l'idea che l'idelologia sia un male, cosa può rimanere se non il pragmatismo faccendiero? Quando vedo le forze che dovrebbero avere la cultura del riformismo di sinistra passare il tempo a blaterare di tecnici e governo tecnico, mi domando come possano non capire che bisognerà passare attraverso una revisione drammatica prima di riuscire a riportare il dogma dell'interesse generale e del bene comune del Paese".
Non che i socialisti abbiano proprio brillato in questo. Ma ora si parla di un progetto post Pdl preparato dalla filiera socialista al potere, da Giulio Tremonti a Maurizio Sacconi.
"Berlusconi ha avuto il sostegno di tre milioni, tre milioni e mezzo di voti socialisti. Se mi chiede se si possa verificare una condizione oggettiva di questo genere, le dico sì. Se il Paese torna alla dialettica politica, la tradizione socialista è ineliminabile perché è europea. In questo sistema, emergono nostalgie, non globali, ma di spicchi di tradizioni. In tanti ci chiedono perché non rinascete? Alla Fondazione socialista Giuliano Amato ha dichiarato quanto la pressione esterna sia forte".
Quindi siete pronti?
"Certo. Sempre pronti. Come il nome della squadra nazionalista fascista".
Chi sta scrivendo il copione ora?
"La Chiesa, è lei che più di ogni altro potere si sta preparando, è l'unica ad avere organicità, principi e modalità di organizzazione. È il primo focolare. Nel futuro sarà lei ad offrire la nuova classe dirigente. E la politica? Ha in dote l'accordo delle liste bloccate e senza preferenze fatto da Berlusconi e dalla sinistra che altro non è che la sistemazione di un precariato politico incapace, diventato a tempo indeterminato. Non ha formato una classe, ma un ceto. E un ceto è portato a sbarrare la strada a altri ceti. Quindi non sottovalutiamo gli appelli ossessivi della Cei che chiede una nuova generazione di cattolici impegnati in politica. "Venite che vi formiamo", questo vuol dire. Ed è lo stesso processo che avvenne negli anni Trenta".
La crisi del sistema è endemica. Ora incombe anche la crisi di governo.
"Non si può che andare alle elezioni, credo, e non si riuscirà a cambiare la legge elettorale. Ma sarebbe molto importante che i partiti avessero un rigurgito di senso di responsabilità. Dovrebbero fare un patto di ferro per indire, a elezioni avvenute, un grande referendum popolare consultivo che definisca e consegni al parlamento un indirizzo sul modello di Stato nel quale vogliono vivere oggi gli italiani. Anche i tre o quattro giornali nazionali dovrebbero avviare una campagna di pressione e di sostegno. Così si può pensare di ripristinare l'architettura strutturale di un paese, non solo vincendo le elezioni ".
Lei è di casa al Quirinale. Si dice che più o meno a due anni dalla scadenza del mandato presidenziale si scateni sempre la guerra mondiale. Chi ha le chances per diventare il prossimo inquilino del Colle, Il nome che si mormora è quello di Beppe Pisanu, per esempio.
"Che scatti quel genere di fibrillazione è vero. Ma se non si risolve il problema del rapporto popolo-Stato il prossimo presidente della Repubblica sarà il peggiore della storia d'Italia, la situazione è così drammatica che solo un avventuriero... Certamente se lo scenario elettorale rimane più o meno questo, sarà uno di destra. Pisanu? Si dice Pisanu perché ha messo su quei dieci senatori, quel numero che ognuno riesce a organizzare in una cena. Così, se ne comincia a parlare, tutti giorni gli suoniamo la serenata, il primo, lui fa lo schizzinoso, il secondo la moglie gli dice perché no e la cosa monta".
La leadership, è la grande incognita. Chi sono le persone in grado di sostenerne l'onore e l'onere?
"Le persone saranno scelte a seconda dei motivi per i quali avverrà la frattura. Se ci sarà una incapacità conclamata da parte di Berlusconi e del centrodestra di garantire una tenuta di stabilità, sui risparmi, sulla casa, sugli ammortizzatori sociali, allora sarà l'asse Tremonti o Sacconi. Ma se sarà il sistema costituzionale a non reggere si dovrà fare ricorso a una soluzione costituzionalmente credibile. E allora se si ponesse il problema della riorganizzazione della sinistra riformista italiana, sembra paradossale, ma oggi c'è un solo punto di riferimento vero e credibile, ed è Giorgio Napolitano".
Il capo dello Stato?
"Se la situazione si drammatizza, io ipotizzo perfino che Napolitano si dimetta dalla presidenza della Repubblica e assuma la guida di uno schieramento del Paese".
Fantapolitica, davvero. Mi scusi, ma il Pd?
"Francamente, è un'accozzaglia senza fantasia e senza creatività, e noi socialisti a lavare le cucine. Non poteva reggere né avere successo. Ce la fa a tenere solo se distribuisce e qui torniamo al discorso originario e al suo vizio primario, il governismo".
Un'altra delle sue frasi famose fu: "Il convento è povero ma i monaci sono ricchi". Ora sono sfondati?
"No. I monaci sono ricchi e anche il convento, perché adesso ogni monaco ha il suo convento".

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