PERCHE’ UNA LISTA SOCIALISTA di Alberto Benzoni del 28 agosto 2020

28 agosto 2020

PERCHE’ UNA LISTA SOCIALISTA di Alberto Benzoni del 28 agosto 2020


Presentarsi da soli o assieme ad altri ? Scommettere sul futuro o acconciarsi al presente ? Correre i rischi della libertà o cercare, in primo luogo, la protezione ? Considerare strategiche le alleanze elettorali oppure ridimensionarle alla stregua di un tassì da cui si può tranquillamente scendere alla fine della corsa ?
E’, detto in volgare, la scelta tra l’uovo di oggi e la gallina di domani. Dove l’uovo di oggi è la presenza dei socialisti nelle istituzioni. Mentre la gallina di domani è la ricostituzione di una forza socialista nel nostro paese. Nel primo caso sarà necessario l’opportunismo nel senso compiuto, e neutro, del termine; nel secondo, una forte volontà politica.
Una volontà politica che mancò totalmente nel 2008, nell’opinione corrente data simbolo del fallimento dell’identitarismo socialista. Al punto che la Costituente socialista fu sciolta senza né atti notarili né funerali e che il gruppo che l’aveva portata avanti chiuse le tende e se ne andò senza neanche presentarsi al successivo congresso di Montecatini ( dove invece fu accolto, con tutti gli onori del caso, Walter Veltroni, responsabile primo della nostra sconfitta).
Da allora in poi, l’identitarismo socialista rimase affidato alle feste e ai convegni. Ma politicamente venne considerato morto e sepolto. A più di dieci anni data, c’è però da chiedersi se questa sentenza di morte non sia stata presa frettolosamente e con superficialità. E, soprattutto, da interrogarsi seriamente sulle possibilità di un suo rilancio in un contesto in cui il Pd ha perso totalmente la sua capacità egemonica ed esiste nella società una domanda di “socialità”( per non dire di socialismo) che non ha ancora trovato un’offerta adeguata.
Quello che è comunque certo è che la linea alternativa, quella dell’opportunismo elettorale al fine di garantire la presenza socialista nelle istituzioni, sembra essere giunta al capolinea.
All’inizio la decisione del dicembre 2012 ( poi formalmente avallata nel congresso di Venezia alla fine dell’anno successivo ) di non presentare la lista alle elezioni politiche; pur in presenza di una legge elettorale praticamente senza alcun tipo di sbarramento. Nella sostanza, un “rompete le righe” e su due fronti. Quello dell’identità politico-culturale. E quello del tessuto collettivo che teneva insieme il popolo socialista.
Sul primo fronte, all’entrata in parlamento nelle liste del Pd e nel quadro della coalizione di Italia bene comune seguì immediatamente l’uscita dal gruppo e l’entrata in quello misto. Rimanevano così sullo sfondo i richiami al socialismo e alla sinistra ma a limitarne il significato ci sarebbe sempre stato, da allora in poi, il richiamo al riformismo; una parolina magica, un passepartout ideologico che giustificava tutto e non significava nulla. E che, quindi, non formava alcuna identità.
Ancora più grave l’effetto della decisione- se autonoma o , ancor peggio, se imposta da altri- sulla “comunità socialista”. Una comunità in cui da tempo il “fare politica”si riassumeva nell’appuntamento elettorale. E in cui il segnale che era venuto dal centro era sempre stato quello di presentare la lista ovunque possibile. Non averlo fatto, al centro, quando era non solo necessario ma anche possibile, apparve un invito a rompere le righe, come una giustificazione preventiva della rinuncia ad un impegno faticoso e senza prospettive.
Da allora in poi si aprirà l’era del grande sbandamento. Del “fai da te” collettivo ma sempre più spesso di gruppi o di persone. L’effetto sarà quello di ridurre drasticamente la presenza del partito a livello locale. E , conseguentemente di ridurre, altrettanto drasticamente, il valore della sua offerta politica nel negoziato con le altre formazioni.
E allora il “fai da te”diventerà l’”ognun per sé”. Ad ogni livello e nelle più diverse direzioni. E, soprattutto, con sempre minori speranze di successo. E con un grado di dipendenza dalle scelte altrui sempre maggiore. E con una capacità negoziale sempre minore.
Al termine del processo l’approdo di una zattera, senza bandiera, senza bussola e senza capitano nel porto che verrà ritenuto più accogliente. Anche se, magari non sarà affatto quello giusto.
Fermare questo processo diventa allora una necessità esistenziale. A prescindere da qualsiasi altra considerazione politica.
In questo senso, la decisione assunta dal nuovo gruppo rappresenta un evento politico importante e va salutata con grande favore; dagli iscritti al Psi ma anche da quei socialisti senza tessera, diversi nei loro orientamenti politici ma comunque interessati a qualsiasi progetto di recupero dell’identità socialista.
Ritornare alla normalità non sarà facile. Anche perchè la normalità non è ancora all’ordine del giorno. Non siamo di fronte ad un semplice adempimento burocratico. O alla rimessa in funzione di meccanismi momentaneamente inceppati. Si tratta, invece, di rovesciare un processo in atto oramai da molti anni e con gli effetti devastanti che abbiamo richiamato.
Autonomia al posto della dipendenza. Recupero di in un’identità perduta. Rimessa in moto di energie sopite da tempo. Volontà di riscatto al posto del vittimismo impotente e rancoroso. Ritorno ad un rapporto corretto tra centro e periferia al posto di un caotico fai da te. Prevalenza delle logiche collettive sugli interessi individuali.
Non sarà facile. Ma non c’altro da fare. E ‘ una scommessa molto coraggiosa. Ma, che, proprio per questo, merita tutta la nostra attenzione e il nostro appoggio.

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