MILANO RICORDA CON UNA LAPIDE L’ASSASSINIO DI CARLO ROSSELLI, di Nicola Del Corno

10 giugno 2010

MILANO RICORDA CON UNA LAPIDE L’ASSASSINIO DI CARLO ROSSELLI, di Nicola Del Corno

Si è svolta ieri, proprio il 9 giugno in occasione del 73° anniversario del barbaro assassinio dei fratelli Rosselli a Bagnoles-de-l’Orne, la scopertura della lapide in via Ancona 2 che ricorda una delle abitazioni dove visse Carlo Rosselli durante il suo soggiorno milanese, e dove si insediò la redazione della rivista socialista “Quarto Stato”, fondata e diretta assieme a Pietro Nenni. La targa così infatti ricorda: “In via Ancona 2 visse nel 1926 il martire antifascista Carlo Rosselli e qui ebbe sede la redazione del "Quarto Stato" rivista socialista a difesa della libertà e della democrazia”.
Dopo le due lauree conseguite a Firenze nel luglio del 1921 in Scienze sociali, con la tesi Il sindacalismo, e a Siena nel luglio del 1923 in Giurisprudenza, con quella intitolata Prime linee di una teoria economica dei sindacati operai, tramite il fondamentale aiuto di Attilio Cabiati Carlo Rosselli arrivò a Milano nell’autunno del 1923 come assistente di Einaudi all’Istituto di Economia Politica dell’Università Luigi Bocconi. Iniziò un periodo molto importante per la sua vicenda umana, e per la conseguente elaborazione del pensiero politico. Tale esperienza fu infatti caratterizzata da proficui incontri e importanti frequentazioni (fra tutte si possono qui ricordare quelle con Angelo e Piero Sraffa, Anna Kuliscioff, Claudio Treves, Filippo Turati, Riccardo Bauer, Alessandro Schiavi) che servirono a confermare e a sviluppare nel giovane quelle idee politiche-economiche su cui aveva iniziato a ragionare da qualche tempo, rafforzato nelle sue convinzioni socialiste e liberali.
Il soggiorno milanese fu altresì decisivo per la prassi della politica rosselliana; nella fondazione di un giornale coraggioso e innovativo per la storia del socialismo italiano come il “Quarto Stato”; nell’organizzazione del congresso del Partito socialista dei lavoratori italiano; nella progettazione e poi concretizzazione degli espatri di antifascisti (uno su tutti quello di Turati che gli costerà l’arresto) Carlo si mise già in luce come futuro leader per la sinistra italiana.
Almeno all’inizio della sua esperienza milanese, l’impatto con la città e con buona parte degli abitanti non fu entusiasmante; dobbiamo rifarci a due lettere alla madre per capire il motivo di tale contrarietà: Rosselli notava lo scarso fervore intellettuale da parte dei ceti più benestanti, per colpa di un eccessivo, ed esclusivo attaccamento, da parte di questi, al denaro. Giudizi poco lusinghieri se si pensa che comunque Milano in quegli anni era sicuramente la città dove più attecchiva e ferveva una forte presenza socialista e democratica; qui infatti stampavano i loro giornali e vi avevano le loro centrali il PSI, il PSU (a cui Rosselli aderirà dopo l’assassinio di Matteotti), il PCI, l’Associazione per il Controllo democratico, la CGL; e a questi si affiancavano alcune iniziative giovanili, quali il “Gruppo goliardico per la libertà” di cui presidente era Lelio Basso, e la rivista “Il caffè” che raggruppava giovani di diverse tendenze politiche, uniti da un’opposizione morale e ideale al fascismo dai forti richiami gobettiani.
Naturalmente Rosselli colse col tempo l’importanza di Milano quale centro propulsore di una possibile riscossa contro il fascismo; ne è testimonianza soprattutto una famosa lettera a Salvemini, datata 29 settembre 1925, in cui esortava lo storico pugliese, allora emigrato a Londra, a rientrare in Italia per guidare da Milano una forte azione politica e culturale d’impronta socialista, sul cui successo Carlo ne era fin troppo entusiasticamente sicuro. E qualche tempo dopo Rosselli ribadiva l’imprescindibile ruolo della città lombarda quale centro propulsore per una rinascita del socialismo italiano e per una riscossa antifascista nell’altrettanto famosa lettera a Pietro Nenni, databile verso il febbraio-marzo 1926, quando, esortandolo a sciogliere le riserve per far decollare l’esperienza del “Quarto stato”, affermava come fosse necessario “piantare le tende a Milano”.

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