L’UCRAINA TRA DUE GUERRE di Alberto Benzoni del 6 aprile 2022

06 aprile 2022

L’UCRAINA TRA DUE GUERRE di Alberto Benzoni del 6 aprile 2022

L’Ucraina tra due guerre. E il massacro di Bucha è conseguenza della fatale degenerazione della prima. Mentre potrebbe aprire la strada alla seconda.

Lucio Caracciolo, osservatore spassionato quant’altri mai delle vicende del mondo, ci dice che la verità su quello che è accaduto in quel villaggio non la sapremo mai. E forse ha ragione. Però qualche ipotesi dobbiamo avanzarla: che non può essere quella suggerita dalle opposte propagande. In chiaro, non si può credere alla messinscena ucraina ma nemmeno al delitto ordinato dall’alto ( e di cui si aveva tutta la possibilità di occultare le tracce). Mentre l’orrenda e banale verità è che la guerra, e quella vissuta sul terreno alimenta l’odio e la ferocia; fino al punto di indurre “persone normali” a massacrare gli abitanti di un villaggio per puro desiderio di rivalsa e di vendetta o altre a dare la caccia alla cieca a spie e traditori o a sparare sui prigionieri.

Siamo all’orrore puro e semplice. Conseguenza ultima di una guerra di aggressione senza senso e senza scopo. Ad un punto tale che nemmeno Putin è riuscito a spiegarne le ragioni e gli obbiettivi al suo stesso popolo; figuriamoci poi al resto del mondo ; e con il risultato di ottenere risultati esattamente opposti a quelli che si proponeva.

Questo per dire che la prima fase di questa guerra si conclude con la sconfitta di Putin e con la vittoria di Zhelenski. A perdere , tutti gli altri: in misura terribile il popolo ucraino; in misura ancora limitata ma crescente gli europei; in modo irreparabile i poveri e il Sud del mondo.. Ad eccezione degli Stati Uniti. In definitiva sono stati loro e soltanto loro, a fornire a Kiev i mezzi militari, difensivi ma anche offensivi, necessari per sortire vittoriosi in questa prima fase del conflitto ( il che, per inciso rende ozioso se non chiaramente strumentale il dibattito sull’aumento delle spese militari e sulla mancanza di sostegno adeguato sul piano militare degli europei alll’Ucraina).

Mentre sono ancora loro , con il pretesto del massacro di Bucha, a dettare la linea per il passaggio alla seconda fase: quella di una guerra, da condurre con tutti i mezzi, escluso quello dell’intervento militare diretto della Nato, per sconfiggere la Russia e indurre il suo popolo al “regime change”, con la relativa consegna di Putin al Tribunale penale dell’Aja.

Gli antiamericani malmostosi, come il sottoscritto, potrebbero obbiettare, a questo punto, che il richiamo all’intervento dell’Aja da parte di Washington mal si concilia con il suo costante rifiuto di sottoporsi alla sua giurisdizione, sino al punto di sottoporre a sanzioni quanti intendevano indagare su eventuali crimini di guerra in Afghanistan o in Iraq. Resta il fatto che gli americani sono quelli che sono e che parlarne male oggi non serve a nulla se non a futura memoria.

A dettare l’agenda per i prossimi mesi è, in prima persona, Zhelenski.

No fly zone. Armi offensive all’Ucraina; di quantità e qualità tali da rovesciare il corso del conflitto. Possibilità di contemplare un intervento della Nato, nel caso fosse superata questa o quella “linea rossa”. Espulsione della Russia dall’Onu; in alternativa lo scioglimento dell’Organizzazione per manifesta incapacità. Espulsione di tutti i diplomatici russi perché spie o potenziali spie. Conseguente rottura di rapporti diplomatici, economici e culturali. Sanzioni sempre più dure in grado di mettere la Russia e il suo popolo allo stremo. Nessuna trattativa su Crimea e Donbass. Proseguimento della guerra fino alla resa finale dell’orso con consegna di Putin al tribunale dell’Aja. Per lui , una condanna per crimini di guerra. Per la Russia, una nuova Norimberga.

Definire questa agenda irrealistica nei suoi obbiettivi e catastrofica nelle sue conseguenze è il minimo che si possa dire. Aggiungendo, da subito, che nessuno dei protagonisti del conflitto, Stati Uniti compresi, la condivide o la fa propria: ad eccezione della Polonia e della Gran Bretagna di Johnson.

Nessuno, però, la contrasta apertamente; magari proponendone una diversa. Un atteggiamento comprensibile nel caso degli Stati Uniti; molto meno nel caso dell’Europa; assolutamente insensato per quanto riguarda l’Italia.

L’America non può, per ovvie ragioni, dare corso alle richieste del presidente ucraino. Però ne condivide lo spirito: leggi l’idea che la guerra in Ucraina rappresenta lo scontro tra Bene e Male, Europa e Asia, Occidente e Oriente, Democrazia e Autocrazia. E che, in quanto tale, non debba chiudersi con un compromesso ma con la vittoria dei Buoni sui Cattivi. Siamo nel mondo del “Da che parte stai ?”. Un imperativo che fa premio su qualsiasi considerazione di opportunità e di merito.

In quanto all’Europa, chi parla di una “ritrovata unità”mente sapendo di mentire. In realtà i paesi europei, a partire dal discrimine tra Europa occidentale e Orientale, sono più che mai in disaccordo su tutto. Che si tratti della gestione della crisi o dei rapporti con la Russia. Della politica economica e finanziaria o della gestione delle migrazioni. Per la platea, pancia in dentro e petto in fuori in nome di una granitica e ritrovata solidarietà euro-atlantica; a sipario calato tutti a correre nelle più diverse direzioni. Sino a telefonare a Putin un giorno sì e l’altro pure; in vista di riassicurazioni sulle forniture e a sostegno di ogni possibile mediazione. E per ottime ragioni.

In Italia, infine, il contrasto tra realtà e rappresentazione è ancora più stridente. E, in alcuni suoi aspetti, propriamente scandaloso. Sappiamo tutti, opinionisti di regime compresi, che la politica italiana si è sempre mossa, dal dopoguerra in poi- con Fanfani come con Moro, con Craxi , con Berlusconi o con Renzi- lungo la duplice linea dell’ancoraggio atlantico e dell’autonomia di movimento, nel segno del dialogo, della mediazione e della promozione della pace. E che i rapporti speciali con la Russia erano parte importante di questa strategia.

Oggi, invece, facciamo, all’occorrenza, la faccia feroce e indossiamo elmetti. Magari in nome del pensiero unico o del politicamente corretto. Pur essendo perfettamente a conoscenza che, elmetto o non elmetto, ci cadranno in testa tutte le macerie prodotte dal conflitto. Ma proprio tutte, nessuna esclusa. E che a pagarne le conseguenze- politiche, materiali e morali- saranno i governati.

Oggi tocchiamo con mano che il discrimine fondamentali tra di noi non è il giudizio sul passato, leggi sulle responsabilità della guerra. Ma tra chi vuole che continui fino alla Vittoria ( ? ); e chi vuole chiuderla con un onorevole compromesso. I primi hanno parlato; anche troppo. Adesso tocca agli altri.

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