L’EUROPA TRA REALTA’, INSUSSISTENTE, E TANTE IDEE, CONFUSE di Francesco Bochicchio

14 settembre 2017

L’EUROPA TRA REALTA’, INSUSSISTENTE, E TANTE IDEE, CONFUSE di Francesco Bochicchio

    A Cernobbio, nell’edizione di quest’anno, del noto Convegno Ambrosetti, di fine estate, cui partecipano i principali esponenti del mondo economico e politico, si è molto parlato dell’Europa.

    Sono emerse tre posizioni: Mario Monti ha elogiato il modello renano, sociale di mercato, mentre Nial Ferguson, noto storico conservatore e con tendenze filo-imperialistiche, ha criticato la mancanza di primato dell’economia in senso liberista come invece in Reagan e Thatcher; per finire, altra autorevole posizione ha esposto i rischi dell’aggressione islamica, tollerata dal multiculturalismo e dallo spirito laico. Di estremo interesse una quarta posizione assunta al di fuori del Convegno  di noto  esponente tedesco il quale ha invitato ad evitare di far gravare sul debito pubblico dei singoli Stati il salvataggio delle banche.

    L’approssimazione dei quattro approcci è inquietante, visti il prestigio e  l’acutezza dei personaggi.

    Per quanto riguarda Monti, l’aspetto sociale è venuto da tempo meno, tranne che in Germania, dove la posizione di forza del Paese ha consentito la distribuzione di qualche vantaggio a favore dei dipendenti: si tratta di qualche vantaggio, non di più, visto che il loro potere di acquisto è sceso, ma di meno  rispetto agli altri Paesi. Il modello sociale è da tempo decaduto in Europa: ma,  a monte  la stessa natura alternativa rispetto al modello americano e inglese è venuta meno visto il ruolo prenderante nei mercati finanziari europei assunto dalle grandi banche d’affari americane, che hanno spinto le grandi banche locali a guardare loro come modello.

  Non più solido è il ragionamento  di Ferguson che guarda alle liberalizzazioni ed al trionfo dell’economia senza tener nel debito conto che è un’economia preda della speculazione più rovinosa, e ciò proprio grazie al trionfo della liberalizzazione e delle leggi dell’economia che hanno portato alla loro auto-abolizione in un’ottica di inefficienza e di rovinosità.

    Il suggello a tanto travisamento della realtà viene dall’esponente tedesco che invita a non far gravare sui debiti pubblici i salvataggi bancari: poiché la Germania ha rafforzato i propri conti pubblici, il settore bancario e l’industria con una grande efficienza e senso di responsabilità –Deutsche Bank è stata risanata anche grazie all’innesto di capitali da parte dei principali imprenditori tedeschi-  ma anche grazie alla posizione di dominio sull’Europa, ora impedire ai Paesi deboli, con un debito pubblico imbarazzante, di salvare le proprie banche –d anche rendere ciò molto più difficoltoso ed oneroso- nient’altro vuol dire che impedire a questi di risollevarsi “tout court” perché senza un sistema bancario sano la ripresa è impensabile, mentre nel settore bancario il liberarsi delle mele marce è impensabile per il blocco dei sistemi dei pagamenti che ne deriverebbe.

   In definitiva, dal confronto tra tre delle quattro tesi pur non concordi ma tutte di esponenti di primo piano dell’economia e della politica, emerge che l’Europa è un soggetto del tutto insussistente in quanto incentrata sul connubio tra capitale finanziario esterno  ed imperialismo interno. Imperialismo interno più debole di quello americano ma in qualche modo indipendente da questi, con l’indipendenza tollerata nell’ottica d sinergia tra il capitale finanziario esterno –predominante- e quello interno –secondario-. 

   Ciò non comporta l’esigenza di fuoriuscita dall’Europa od anche solo dall’euro che apporterebbe alcun rimedio alla situazione globale già vista, in quanto inidonea ad incidere sui fattori che hanno determinato tale situazione.

  Al contrario, l’Europa proprio, perché tenuta in ginocchio da tale connubio inquietante,  può risorgere esclusivamente da un lato contrapponendo alla grandi banche d’affari estere banche sane interne estranee alla logica del capitale finanziario e dall’altro realizzando un’unione politica non imperialistica, plausibile alla luce della mancata autosufficienza tedesca. I due aspetti sono strettamente ed indissolubilmente collegati: lo spazio per un’unificazione politica non imperialistica può nascere solo da un rilancio del settore bancario interno dell’Italia e degli altri Paesi deboli, abbandonando la pretesa del “bail-in” e di rinunziare a risanare tutte le perdite dei risparmiatori, in un’ottica alternativa al capitale finanziario. Solo tale rilancio può comportare una ripresa economica, a propria volta solo antiliberista, e così un riequilibrio politico all’interno dell’Europa.  

   Per concludere, il cambiamento economico e politico dell’Europa dovrebbe collocarsi nel solco delle proprie origine laiche, illuministiche e razionalistiche, da estendere dal piano cognitivo e logico a quello comportamentale, politico ed economico –in sintesi dalla ragion pura a quella pratica, il che non è mai stato realizzato nemmeno da Kant, come lucidamente segnalato a suo tempo da Lucio Colletti-, in un’ottica di universalismo vero ed effettivo. La critica dello spirito laico dell’Europa, riecheggiata nell’ulteriore intervento a Cernobbio sopra citato, per reagire nei confronti dell’offensiva islamica,  non può essere sottovalutata: non è solo frutto di intolleranza e di tradizionalismo religioso (nel momento in cui proprio il Papa ha abbandonato tali posizioni); non è sufficiente la fine risposta di Monti che ha ricordato che il Cattolicesimo ha dato vita ad intolleranza religiosa nei secoli scorsi, anche nei confronti della religione islamica. Il punto vero è che l’aggressività islamica è anche il frutto di una politica sbagliata dell’America con la lesione dei diritti dei palestinesi in Medio-Oriente e con lo scontro di civiltà dell’epoca Bush iunior: l’Europa non è riuscita  a differenziarsi effettivamente dall’America ed a inaugurare ed elaborare una politica coerente con l’universalismo che pur l’ha ispirata. Essa non è riuscita a rappresentare un polo dell’Occidente alternativo a quello americano.

    L’Europa è un’idea, a volte espressa anche in maniera confusa, ma non è realtà.

   Ciò non per mera cecità ma per ragioni profonde. Se non le si affrontano e non le si rimuovono, il dibattito sull’Europa è privo di senso ed in goni caso di sbocco.

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