IL “REFERENDUM”: LA POSTA IN GIOCO di FRANCESCO BOCHICCHIO

04 novembre 2016

IL “REFERENDUM”: LA POSTA IN GIOCO di FRANCESCO BOCHICCHIO

Con quasi tutta la stampa a favore del sì, che non ha argomenti di merito ma la butta su concetti generici, tipo la governabilità che vuol dire tutto ed il contrario di tutto, e con le televisioni, anch’esse tutte in mano al sì (tranne “LA7”, obiettiva), ma dove il no è costretto, proprio per la natura del mezzi televisivo, a sviluppare più gli aspetti mediatici, svanisce il contenuto del “referendum” e con esso svanisce la posta in gioco: qual è l’importanza del “referendum”? Ed infatti, anche contenuti sacrosanti quali quelli del no non appaiono, ad un’analisi di superficie, necessariamente tali da rendere manifesta l’essenzialità del voto. Lo scrivente ha insistito sempre e solo sui contenuti e da questi ha tratto l’importanza del voto, anzi per essere chiari la sua natura fondamentale ai fini della democrazia. Si tratta di riforme sbagliate ed autoritarie, che rompono con il costituzionalismo. Ma l’esame stringente dei contenuti è così complessa che il lettore arriva alla fine esausto sulla risposta finale. Ed allora incentriamoci sulla posta in gioco, mentre si rimanda per i contenuti agli scritti precedenti. La posta in gioco è semplice: trasformare l’Italia in un Paese autoritario e rendere gli istituti costituzionali anti-autoritari residuali -in virtù della riforma molti sono eliminati-, inoperanti in fatto. C’è chi, a confine tra il sì timido e il nì, evidenzia che l’autoritarismo è già presente e così non ha senso conferire tutta questa posta in gioco al voto –Michele Serra su “Repubblica”-. E’ da replicare che tra una legge-in questo caso la legge suprema, la Costituzione- e i movimenti reali vi è sempre un nesso dialettico nel senso che i movimenti reali portano ad una legge, e poi questa ne è condizionata ma anche li condiziona, basti pensare al nesso tra lotte operaie a partire dal ’69 e Statuto dei lavoratori, in quanto le prime hanno prodotto il secondo e la sua interpretazione piena e non limitata, che poi ha avuto un impulso forte sulle seconde. L’autoritarismo è già in vigore da tempo ma la rinunzia ad opporsi è inammissibile. Un segno forte di risposta può segnare un’inversione di tendenza. E’ questa la posta in gioco, l’unica, e chi si parla di altro lo fa proprio con l’intento di non affrontare l’unico argomento vero, su cui il sì è del tutto perdente. La posta in gioco non è l’alternativa tra modifica e resistenza al cambiamento, in quanto il no significa resistenza a questa modifica, indecente, e non ad ogni modifica. Per inciso, D’Alimonte, ispiratore di Renzi e Boschi sull’”Italicum”, mostra che la tendenza a spostare l’attenzione dal merito al plebiscito su Renzi non è solo dello stesso Renzi (la tendenza presente in questi non può essere negata), ma è anche del no: si tratta di argomento retorico di livello non adeguato, in quanto quando si fa una proposta, l’onere della motivazione è proprio in capo a chi la fa, mentre l’oppositore può giocare di rincalzo: è il meccanismo dell’ “actio” e dell’ “exceptio” che noi giuristi ben conosciamo e che viene tramandato dal diritto romano. Poi, lo spazio ai Professori di diritto è molto più ampio nel campo del no che in quello del sì, e quindi anche da un punto di vista fattuale D’Alimonte prende la solita strada in tangenziale senza uscita. Chiuso l’inciso, Violante, con una fuga nell’umorismo involontario irresistibile, afferma che il sì ha un disegno unitario che lo sorregge mentre il no vede divisioni al proprio interno e non ha un disegno costituzionale coerente. Nel “referendum”, nella Costituzione italiana, il no non deve avere altra coerenza che non sia quella rappresentata dall’opporsi ad una legge, in questo caso costituzionale. La coerenza propositiva non fa parte del “referendum”. Violante, con tutto il rispetto, non sa cosa dice. Se poi si vuol vedere nel no, proprio perché diviso sulla parte propositiva, un immobilismo, cade nel paralogismo. Chi è per il sì ha la maggioranza in Parlamento e pertanto ha l’obbligo, politico s’intende, una volta bocciato come ci si augura, di avanzare altra proposta che si sottragga alle critiche che lo hanno affossato. Diverso è un discorso di opportunità, che il fronte del no sia in grado di trovare compattezza almeno su aspetti relativi alla governabilità con eliminazione “tout court” del Senato, su una correzione minimale del titolo V, sulla modifica delle norme di elezione dei Giudici Costituzionali, in modo da sottrarre la nomina della loro maggioranza alla maggioranza parlamentare (si chiede scusa per il bisticcio di parole, che non è un bisticcio di concetti) e delle competenze della Corte, con la previsione di un Procuratore della Costituzione in grado di agire “ex officio”, ed infine, al di fuori della Costituzione su una legge maggioritaria che non sia provvista dei punti aberranti dell’”Italicum” (su cui ci si richiama agli scritti precedenti). La Costituzione, la più bella del mondo in quanto divide la sovranità dal sovrano e non prevede il secondo se non indentificato per principi nel popolo, impedisce concentrazione di poteri, ma necessita di alcuni ritocchi per essere forte anche in positivo e per essere dotata di “enforcement”. Ma sia ben chiaro che si tratta di prova di coerenza intellettuale e politica ma dalla scarsa efficacia pratica, almeno attualmente, in quanto è impensabile che Renzi accetti di discutere su tale tavolo, preferendo trovare un accordo con Berlusconi o comunque con il centro-destra su basi presidenzialiste per prendere esplicito ciò che nella versione di cui al “referendum” è solo implicito, e quindi la coerenza qui divisata può aiutare a far sì che Renzi getti la maschera e mostri la vera faccia dell’autoritarismo, ora implicita anche se inequivocabile. Ma non solo: nell’ipotesi, irrealistica, che si apra un vero dibattito nel Pd, solo una proposta concreta e sistematica può rendere tale dibattito effettivo e concreto e finalizzato a rendere possibile una vera modifica non autoritaria. Se poi i 5Stelle rivedono la loro posizione attualmente indirizzata nel senso di un’utopica democrazia della rete e diretta e si indirizzano nel senso di irrobustire il Parlamentarismo e correggerlo, la concretezza diventa maggiore. Ma, occorre essere realistici: sia in caso di vittoria del sì sia nel caso opposto ed auspicato di vittoria del no, Renzi si alleerà, anche a livello politico, con la parte moderata del centro-destra ed in ogni caso tenterà di modificare l’”Italicum” eliminando il doppio turno come già dicono Napolitano e Violante e come egli fa finta di negare ma poi cambierà idea sempre facendo finta di cedere alla sinistra interna. In questo caso, ci vuole una forte opposizione costruttiva che passi per l’alleanza della sinistra con i 5Stelle, che non la vogliono, ma a livello tattico non potranno non accettarla per combattere il forte avversario, e forse vi sarà un accordo anche con la destra populista della Lega Nord e di altri: l’accordo tra questi e la sinistra potrà essere meno difficile di quanto possa apparire se si passa per il ruolo egemone dei 5Stelle. Meno agevole si presenta un Governo di solidarietà nazionale. In ogni caso, è necessario un forte spirito costruttivo, anche a livello istituzionale e costituzionale, ma che si basi sul rifiuto di ogni ipotesi e deriva autoritaria. Il no è fondamentale ed essenziale: ma occorre evidenziare che in caso di vittoria del sì si potranno verificare situazioni ed effetti perversi, con Renzi che aumenta a dismisura l’arroganza ed arriva ad atteggiamenti distruttivi.

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