IL PD DI ELLY SCHLEIN, TRA OPPORTUNITA’ E INCERTEZZE di Roberto Biscardini da criticasociale.net del 27 febbraio 2023

27 febbraio 2023

IL PD DI ELLY SCHLEIN, TRA OPPORTUNITA’ E INCERTEZZE di Roberto Biscardini da criticasociale.net del 27 febbraio 2023

Gli elettori del Pd, tanti elettori che del Pd non lo sono più e tanti elettori di sinistra, anche socialisti, che non intendono farsi rappresentare da questo Pd sono andati a votare per Elly Schlein, sovvertendo il voto degli iscritti.  
L’occasione si è presentata ed è stata colta. Una donna giovane, non iscritta al Pd, ha potuto scalarlo dall’esterno.
Questo l’impatto mediatico del risultato di ieri. Anche se a mente fredda dobbiamo chiarire che la cosa non è così lineare nemmeno per la Schlein. Perché sappiamo bene che fior di apparati e di capi corrente, si sono schierati dalla sua parte fin dal primo momento e senza di loro quel risultato non sarebbe stato raggiunto.
Elettori contro apparato, quindi vero. Ma solo fino a un certo punto. Nulla togliendo al valore del risultato finale.
Una cosa è certa, tra l’afonia di Bonaccini, apparso come il candidato chiamato a  ripristinare la vecchia “ditta”, ancora un po’ renziano e uomo delle cooperative dell’Emilia Romagna, e Elly Schlein gli elettori dei gazebo hanno scelto la novità.
Ma questo non scioglie di colpo i nodi strutturali del Pd.
Perché proprio a partire dalle primarie rimangono ancora tutti i dubbi su un partito che non è in condizione di far scegliere il proprio segretario ai propri iscritti, ma mobilita personale politico, amministratori e ancora apparati per farlo scegliere dai cosiddetti elettori. Un partito che fa le primarie aperte per eleggere il suo segretario e non fa le primarie per scegliere i candidati di coalizione nelle regioni e nei comuni.
Quindi difficile dire ora se con l’arrivo di Elly Schlein si avvia un processo virtuoso di necessaria “mutazione genetica” del Pd oppure no.
Difficile azzardarsi a dire oggi se la Schlein troverà la forza e le alleanza interne per cambiare le cose. Affinché quel Pd, che per tanti anni si è sorretto sulla lotta tra correnti senza politica, nei comitati e cordate elettorali (a Roma coma a livello locale) e ha manifestato la sua efficienza quasi esclusivamente nell’occupazione di ogni possibile spazio di potere, possa diventare un partito di sinistra.
Riformista di sinistra, affinché le riforme con il consenso dei cittadini, siano migliorative e non peggiorative della condizioni di vita dei più deboli.
Perché il Pd possa essere uno strumento della lotta politica per difendere e tutelare libertà e democrazia.  Cosa che in questi anni non è stato. A partire dalla riforma per la riduzione dei parlamentari, approvando e promuovendo le peggiori leggi elettorali, anche dichiaratamente incostituzionali.
Un partito che anziché partire dallo Statuto dei Lavoratori si è macchiato delle peggiori leggi in materia di lavoro. Ha consentito che non fosse la politica a condurre una lotta dura contro lo sfruttamento e per far emergere quelle aree sempre più larghe in cui i lavoratori vivono in oggettive condizioni di schiavitù. Questo è stato delegato all’arma dei Carabinieri.
Difficile persino dire oggi se il partito di Veltroni, che aveva giocato tutte le sue carte sulla presuntuosa “vocazione maggioritaria”, che perdura ancora nell’arrogante convinzione che si possa perdere le elezioni politiche accontentandosi di essere il maggior partito della coalizione, con il deserto intorno, possa essere sostituito da un partito “normale”.
Vedremo. Ma in mezzo a mille incertezze, abbiamo il dovere di essere positivi. Prima di tutto per la novità in sé, ma anche a partire dalle prime dichiarazioni di Elly Schlein.
In particolare dalla presa di posizione, che segna finalmente una vera  frattura politica con Enrico Letta, sul tema della guerra in Ucraina. Una posizione politica che ha collocato il Pd su una posizione solo ed esclusivamente atlantista, miope anche dal punto di vista europeo. Sul punto la Schlein si è espressa in modo chiaro contro l’escalation di invio di armi in Ucraina anche da parte dell’Italia: perché non è la soluzione migliore per arrivare presto ad una tregua e ad un tavolo internazionale per la  pace. Soprattutto se il pericolo è l’allargamento del conflitto. E soprattutto se si parte dalla certezza che la guerra favorisce sempre la destra e mai la sinistra.
Detto questo.  C’è una cosa sulla quale misureremo la capacità della nuova segretaria di cambiare rotta per davvero. Il nodo non è avere un partito più progressista, ambientalista o femminista. Il nodo sta nella capacità o meno della Schlein di aprire nel Pd e nella sinistra in dibattito largo e dirompente sul tema dell’identità della sinistra. Senza la quale il Pd e la sinistra muore.
Noi le chiederemo di ripartire da una riflessione sull’identità socialista. Nella convinzione che senza una grande forze socialista, e senza una sinistra che si identifichi con la cultura socialista italiana e internazionale, la sinistra sarà sempre più debole, perdente e finirà nelle mani della destra, come è già avvenuto.
Lei può farlo meglio di altri, perché dopo tanti segretari ex comunisti e ex democristiani, lei è nata in una famiglia in cui il socialismo era una cosa seria. Dal nonno senatore Agostino Viviani, allo zio grande avvocato amministrativista Mario Viviani sempre dalla parte dei comuni per la difesa degli interessi pubblici contro quelli privatistici, alla madre costituzionalista di grande spessore democratico.

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