IL GOVERNO CONTE, FINE DELL’ANOMALIA ITALIANA di Alberto Benzoni

04 settembre 2019

IL GOVERNO CONTE, FINE DELL’ANOMALIA ITALIANA di Alberto Benzoni

Prospettive future buone e forche caudine vicine
E’ il titolo dell’ultimo mio post, di circa tre settimane fa; ma senza il punto interrogativo. Segno che il governo si è formato. E che la sua formazione rappresenta, di per sé, il venir meno dei quattro elementi principali su cui si era costruita, nel corso degli ultimi decenni, l’anomalia italiana.
Risolto, in partenza, il nostro rapporto perverso con l’Europa. Non più un giudice ostile in un processo che ci vedeva sempre e comunque sul banco degli imputati; ma nemmeno una controparte italiana o totalmente subalterna o protagonista di un sovranismo tanto più sguaiato e volgare quanto più incapace di modificare un sistema istituzionale tarato a nostro sfavore. Ma da oggi in poi, è questo il significato positivo dell’”endorsement” internazionale per il nuovo governo, la disponibilità a collaborare senza tabù e senza pregiudiziali per allentare vincoli e consentire a politiche espansive.
Tramontato l’incubo di uno scontro dai connotati quasi razziali tra ottimati e barbari, confusi in un unico calderone. E, al suo posto, lo scontro, oggi tra la democrazia liberale e i suoi nemici e, magari, in prospettiva, tra sinistra e destra.
E, terzo e quarto elemento mescolati insieme, fine di un rapporto a dir poco paranoico, con l’entrata del M5S nell’età adulta e, contestualmente, con la normalizzazione dei rapporti tra lo stesso Movimento e il Pd, a un punto tale da configurare un accordo di governo, fondato non su di un “contratto” ma su un vero e proprio programma comune. Il che, per inciso, dovrebbe avere effetti benefici non solo per la cura dell’autismo fantasmagorico del primo ma anche per cancellare la pretesa del secondo all’autosufficienza.
Si dirà che questa complessa operazione copernicana, per essere credibile, dovrebbe comportare un’esplicita autocritica rispetto ai comportamenti e alle scelte politiche del passato. Ma forse è pretendere troppo. Contentiamoci allora dell’autocritica implicita nella stessa composizione del governo, oltre che nei suoi, pur vaghi, indirizzi programmatici.
Questo governo è il più europeo che la storia recente ricordi: nel senso che, da Conte a Gualtieri sino alla nostra rappresentanza nella Commissione, scommette, con l’impegno diretto del Pd e la partecipazione straordinaria del M5S su un “reset” positivo dei nostri rapporti con l’Europa di cui esistono tutte le premesse oggettive.
Ma questo governo è anche il primo governo concretamente “meridionalista” della seconda repubblica. Per il numero di ministri originari del sud (per tacere di Conte). Per il fatto che il giovane ministro per il Sud sia anche il vicedirettore della Svimez (rimasta per anni voce solitaria a contestare le politiche nazionali tutte orientate a favorire il Nord); e, infine, per il fatto che uno dei partner della coalizione affidi all’attuale governo il compito di ricostruire l’immagine del Pd come difensore degli interessi dell’area, in alternativa alla linea seguita in precedenza e in concorrenza con i grillini.
Una divisione di ruoli che affida al M5S il settore del lavoro e dell’istruzione; e con un personale politico nuovo e, si presume, a ciò preparato.
In prospettiva c’è motivo di sperare: che si tratti di economia, di rapporti con il blocco nordista e di immigrazione. Ma, certamente, non nell’immediato; e non nei confronti della propaganda leghista, irrazionale e potenzialmente nemica di qualsiasi convivenza civile; ma non per questo meno efficace.
Un elemento a favore della caduta del governo? Al contrario un fattore a sostegno della sua volontà e possibilità di durare. Occorreranno per questo nervi saldi e chiarezza sulle prospettive di fondo: il blocco nordista si scioglierà solo quando riprenderà l’economia, lo spettro degli sbarchi solo quando si abrogherà la Bossi-Fini, ostacolo a qualsiasi strategia di integrazione e quando l’Italia non sarà più, in punto di diritto o anche solo nei fatti, il luogo di prima accoglienza. Ma questa non è una guerra lampo; ma una guerra di lunga durata.

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