IERI DA BERLUSCONI A RENZI: ORA DA RENZI A BERLUSCONI? di Francesco Bochicchio

27 dicembre 2017

IERI DA BERLUSCONI A RENZI: ORA DA RENZI A BERLUSCONI? di Francesco Bochicchio

Il disastro di Renzi condurrà alla sconfitta, alle prossime elezioni, il Pd:  alla sinistra del Pd si sta formando un’area politica in movimento, e tutti prospettano  un grande successo elettorale del centro-destra, che diventerà il primo schieramento. I 5Stelle sembrano destinati a diventare il primo partito, m secondario in termini di schieramento.

Non è il caso di soffermarsi in questa sede sulla possibilità di governabilità, la quale dovrebbe essere esclusa. E’ il demenziale meccanismo elettorale del “Rosatellum”. Ora sono da analizzare i profili politici.

Renzi ha dato una svolta al Pd spostandolo al centro e portandolo a posizioni liberiste in materia di mercato del lavoro ed in materia  fiscale a favore della “flat tax” .

Ciò nello intenzioni lo doveva portare ad erodere il terreno elettorale moderato del centro-destra, decretando la fine politica del berlusconismo.

Ciò non si è realizzato: i diritti civili e l’integrazione hanno isoalto il Pd. Ma sono argomenti da destra radicale e populista, mentre Berlusconi si vuole presentare in termini moderati ed anti-populisti, ottenendo il consenso del liberalismo e del partito popolare europeo.

 Il centro-destra è diviso ed una parte, quella principale, di Berlusconi, non è contro l’anima del Pd (attuale, di Renzi). Vi è lo spazio per la grande coalizione. Problema diverso è che il Pd e la parte moderata di Berlusconi, pur insieme, probabilmente non avranno i numeri per governare.

Ma il punto non è così di rilievo come invece apparentemente sembra. La strategia precisa è di fare un grande centro alla Macron (in Francia) anche se qui non vi è un  Macron. I grandi politologi moderati danno la colpa alla scomparsa del maggioritario: così Panebianco che ricorda che Macron ha potuto vincere grazie al maggioritario a doppio turno. Oltre all’insincerità dei sostenitori del maggioritario che in realtà vogliono il Presidenzialismo, presente in Francia, Panebianco dimentica che il maggioritario a doppio turno è stato abbattuto non dal “referendum”, ma dall’ingordigia di Renzi che, oltre ad insistere su meccanismi palesemente incostituzionali, voleva un Presidenzialismo di fatto con un maggioritario teso a conferire la maggioranza assoluta non alla maggioranza relativa o meglio ancora alla minoranza più significativa in grado di aggregare intorno a sé la maggioranza assoluta, ma alla maggioranza relativa della maggioranza relativa, volendo privilegiare non lo schieramento potenzialmente maggioritario ma il gruppo di comando della maggioranza relativa in un’ottica quindi di blocco della dialettica politica. IL maggioritario a doppio turno sarebbe stato in ogni caso abbandonato da Renzi in quanto tale da far vincere i 5Stelle (come dimostrato dalle comunali della primavera 2016). Renzi puntava ad uno schieramento teso a privilegiare la maggioranza relativa e una volta persa anche questa ha dovuto ripiegare verso un meccanismo proporzionale. Così Sabino Cassese che parla del passaggio dalla democrazia della maggioranza e dell’alternanza alla democrazia della mediazione e dell’accordo. Cassese dimentica che la democrazia della mediazione presuppone l’accordo dei due principali schieramenti, mentre qui è democrazia dell’accordo tra due schieramenti minoritari per teenre a bada le ali estreme, in un’ottica di sovvertimento della democrazia.

Il vero nodo è quindi di attribuire una maggioranza parlamentare a chi è minoranza nel Paese, per la precisione a due minoranze che insieme non fanno maggioranza ma che sono ritenute, dall’opinione dominante e dai poteri forti, affidabili.

Berlusconi non è destinato a guidare il Governo: se il centro-destra unito non ha la maggioranza dei seggi, non avrà mai appoggio dall’esterno. Che si raggiunga tale maggioranza è improbabile. Ma soprattutto se li otterrà Berlusconi sarà spinto dagli appoggi interni ed esterni ad abbondonare la componente estrema.

Pertanto, il grande centro deve conquistare l’appoggio delle parti più ragionevoli (“rectiua”, così forzatamente intese) delle ali estreme.

Chi  ritiene che sia un grande errore la mancanza di un accordo tra la sinistra nascente e Pd travisa i paini termini della questione: da un lato il Pd non è di sinistra e dall’altro manca un pericolo di destra alternativa.

Ma soprattutto è fuorviante evocare (a “Repubblica”, a “Il Corriere della Sera” ed al “Sole 24ore”), gli aspetti dell’estremismo di sinistra, della scissione di Livorno e della tragedia di Weimar, in quanto la sinistra nascente è riformista e non estremista.

Si vuole bloccare il riformismo antiliberista e spingere la sinistra ad appoggiare il grande centro, il che non sarebbe di per sé scandaloso, ma in posizione di subordinazione e senza influire sul programma economico. Il vero punto è che l’alleanza tra Renzi e Berlusconi è scritta nella Storia ed è inevitabile almeno dal punto di vista dei poteri forti e della opinione dominante

Ma la realtà vera è che ciò perché l’inaffidabilità delle ali estremi non dipende da loro irresponsabilità ma dalla pericolosità per i poteri forti.

Berlusconi e Renzi non sono affidabili ma docili da un punto di vista economico.

Renzi è il vero erede di Berlusconi e come lui tale da puntare ad abolire o comunque a soggiogare i poteri indipendenti come Banca d’Italia (ieri Berlusconi con Tremonti, oggi Renzi) e Magistratura (tuti e due) e sottomettere la stampa (tutti e due)..

Non è un caso che Berlusconi insista, espressamente ed enfaticamente, nel tentare di scoraggiare la persecuzione dei reati economici, impedendo la carcerazione preventiva: la convergenza con Renzi sul disegno di fondo è totale.

Renzi ha realizzato la riforma del mercato del lavoro e quella della scuola perseguite invano da Berlusconi. La “flat tax”, punto fermo del programma di Berlusconi e della Lega, è l’obiettivo anche di Renzi.

Il disegno di Renzi era quello di fungere da fulcro del grande centro tra i berlusconiani e la componente di sinistra. 

Questa è oggetto di pressioni indicibili, con critica a Grasso ed a Boldrini perché come Presidenti delle Camere non potrebbero svolgere un ruolo attivo a favore del nuovo soggetto politico a sinistra di cui Grasso è il “leader” e la Boldrini esponente primario: in particolare nei confronti di Grasso, eletto alla carica come esponente del Pd. La critica è surreale. I Presidenti delle Camere sono sempre –anzi per espressa previsione costituzionale e per antonomasia- esponenti politici, in modo che il cambio di casacca non è rilevante in quanto il vincolo di mandato è vietato espressamente dalla Costituzione (art. 67), per tutti i parlamentari, senza eccezione, anche se Presidenti.

Per Grasso si è sostenuto che l’essere “leader”  di un partito fa venire meno la funzione di garante del Presidente di una Camera. Si dimentica che il Presidente di ciascuna delle Camere è esponente politico di primo piano (nel passato Pertini, Leone, Fanfani, Cossiga, Ingrao, Napolitano, Iotti, Violante, Marini, Casini, Fini): alcuni erano anche “leader” del loro partito. Comunque tra l’essere esponente di primo piano e “leader” la differenza non è decisiva ai fini della garanzia di correttezza nella conduzione dei lavori parlamentari. Se si fosse voluta imparzialità,  si sarebbe dovuta escludere la nomina di un uomo politico.

Il destino di Renzi è segnato: si lamenta per persecuzione ma è caduto per proprio scelte; ha caratterizzato in termini personalistici il “referendum” costituzionale lamentando poi la presenza di una convergenza contro di lui; ha scatenato  la Commissione di Vigilanza contro Banca d’Italia per lamentare una campagna contro Boschi e contro di lui. Per questo, non rivelandosi uno statista,  non è stato in grado di aggregare i moderati conservatori.

Ha condotto battaglie politiche su temi di massima importanza come la Costituzione e come il sistema bancario per il suo potere personale e per portare a compimento il suo disegno di autoritarismo, comune a Berlusconi.

Dopo aver fallito lui, Berlusconi non riprenderà il ruolo di comando. Meno impresentabile di Renzi è più astuto e pertanto sa che dovrà negoziare un grande centro a lui non ostile, il che gli basta.

Il grande centro necessita di un “leader” pragmatico e mediatore, come Gentiloni, Calenda od Enrico Letta.

Il pallino sarà in mano alle ali estreme. La Lega  (con Fratelli d’Italia) dovrà decidere se moderarsi per valorizzare il ruolo di Berlusconi. La sinistra di Grasso avrà la possibilità di negoziare sui diritti civili e per una resistenza alle tendenze autoritarie, nonché per tentare di introdurre limiti al liberismo sfrenato.

Ma il ruolo veramente decisivo sarà dei 5Stelle che dovranno decidere se restare all’opposizione in via permanente o invece proporsi per un’ipotesi di governo. In tal caso dovranno abbracciare la strategia delle alleanze. Possono porsi come il fulcro di uno schieramento di protesta con a destra la Lega ed a sinistra il nuovo partito.

E’ un’ipotesi ben più realistica di quanto possa apparire -una riflessione per un’alleanza tra ali estreme è stata prospettata da Giorgio Galli-, ma si scontra con la circostanza che essa alla fine rientrerebbe in un’ottica populista ormai diffusa in Europa e caratterizzata a destra in senso “sovranista” antieuropeista inaccettabile per la sinistra e per i 5Stelle in quanto nazionalista e razzista.

Il “sovranismo” si è sempre dispiegato in chiave autoritaria e nazionalista, ma può –ed anzi deve- essere recuperato in chiave democratica e -non populista- ma popolare (e la sovranità popolare è il punto centrale della riflessione di Rousseau e di una parte del marxismo, ed è base della Costituzione repubblicana). E l’europeismo può essere recuperato solo come federazione di Stati indipendenti –è questa la strada degli Stati uniti socialisti d’Europa cui lavorò prima della Grande Guerra Otto Bauer ed a base del Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli-.

Su questa base si può pensare in chiave non utopica ad un’alleanza tra 5Stelle e la sinistra di Grasso.

Se alle elezioni si supera da parte della sinistra di Grasso il 10% e da parte dei  5Stelle il 30%, allora cambia tutto, nel senso qui tracciato. Ma, in ogni caso, è ovvio che, se non si vuole un grande centro, l’unica soluzione istituzionale è quella del meccanismo elettorale maggioritario a doppio turno.

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