EUROPA, L'AMBIGUITA' DEL PENTIMENTO di Alberto Benzoni

21 gennaio 2019

EUROPA, L'AMBIGUITA' DEL PENTIMENTO di Alberto Benzoni

"L'Europa non è un comitato d'affari, ma una comunità di valori". Così Mattarella a Berlino.
A prima vista, una banalità. Per lo più enunciata con quella gravità un po’ faticosa che appartiene al nostro Presidente.
Nulla di male. Dire banalità condivise fa parte dei suoi compiti istituzionali ; naturalmente con il rischio permanente di apparire noiosi e banali. Tanto per capirci, ricordo il "vuotate gli arsenali e riempite i granai" del nostro Pertini: detto da uno qualunque sarebbe stato una sparata da comizio; detto da lui invece è diventato uno squillo di tromba.
Con l'andar del tempo il ruolo di rappresentante dell'unità nazionale è stato, come dire, interpretato in modo assai più invasivo. Non più l'occasionale richiamo "super partes" ma il pressing di un maestro di scuola che richiama all'ordine i suoi allievi; con il rischio sempre maggiore di essere contestato e minacciato di rimozione da parte dei medesimi. Avvenne concretamente nel caso di Cossiga, da parte dell'allora Pci; fu ventilato per due giorni nel caso del Nostro, tra le urla di sdegno dei suoi eredi.
E' in questo quadro che va collocato il giudizio di Berlino. Un giudizio fatto proprio, magari con riserva, da tutte le parti politiche. Ma al prezzo di una valuta ambiguità; quella sul "comitato d'affari". Insomma, con chi ce l'aveva Mattarella? Con quelli che osano attaccare come comitato d'affari quella che è sempre stata una comunità di valori? Con quelli che hanno trasformato in comitato d'affari quella che avrebbe dovuto rimanere una comunità di valori? Con tutti e due? Con nessuno dei due? Ai contemporanei l'ardua sentenza.
A chi scrive, invece, la sommessa convinzione che questo dire e non dire, questo giocar su due tavoli segni un po’ tutta la comunicazione politica delle nostre classi dirigenti; in Italia e ancor più in Europa.
Pochi cenni sul proclama del grande listone europeista (che sarebbe poi il Pd senza simbolo, a coronamento di uno spogliarello ideologico-politico praticato con voluttà da trent'anni a questa parte) e con annessa e immancabile società civile. Evidente l'ansia di contrapporsi ai barbari sovranisti ("uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi", come disse il barone di Montfort alla viglia dello sterminio degli albigesi), commoventi le buone intenzioni; per il resto una grande cortina di fumo.
Sul pentimento di Juncker ci sarebbe invece molto da dire. A partire dal fatto che viene da una (im)personalità politica che non avendo un futuro di occupa di riverniciare il suo passato. "Cari greci, abbiamo sbagliato tutto. Vi chiediamo scusa. Ma non è stata colpa nostra; perché abbiamo dovuto seguire i dettami di quei cattivoni del FMI".
Non abbiamo, qui e ora, notizie delle reazioni dei greci. Ma riteniamo che il loro silenzio sia dovuto alla condizione di abbrutimento per i troppi colpi ricevuti; al punto di dimenticarsi che il "peccato originale" del debito continuerà a pesare su di loro e sulle future generazioni.
Per l'osservatore esterno tre considerazioni. La prima è che Juncker mente sapendo di mentire: il Fondo monetario, come ci racconta Varoufakis, era a favore di una ristrutturazione del debito (cosa che qualsiasi banchiere degno di questo nome avrebbe preferito); ma, come del resto lo stesso Juncker e i "politici" si inchinò di fronte alla ottusa determinazione dell'"eurogruppo"e dei tedeschi.
La seconda è che il pentimento individuale del Presidente della commissione europea non è accompagnato da nessun'altra voce, individuale o collettiva che sia.
La terza e ultima è che questo silenzio non sia il frutto di mancanza di sensibilità. Ma rifletta piuttosto il fatto che l'Europa è e rimarrà sempre una comunità di valori. E dovrebbe diventare magari una comunità politica, basata non solo su regole ma politiche comuni; ma rimane, almeno per ora, un comitato non diciamo d'affari ma di bancari, pardon di banchieri governata da chi possiede la maggioranza delle azioni.
"Almeno per ora". Ciò che non esclude anzi richiede un impegno forte per il cambiamento. Da parte di chi contesta l'Europa che c'è in nome di quella che dovrebbe essere. Ma anche l'inizio di una radicale autocritica da parte dei suoi attuali dirigenti.

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