CINQUE PROPOSTE PER IL SOCIALISMO ITALIANO. di Roberto Biscardini

01 febbraio 2019

CINQUE PROPOSTE PER IL SOCIALISMO ITALIANO. di Roberto Biscardini

Il riscatto del socialismo, oggi in difficoltà in Italia e in Europa, sarà opera di coloro che ci credono.
Non è una dottrina, cammina sulle gambe degli uomini e può crescere, in questa fase ovunque, in Italia e nel mondo, anche al di fuori dai tradizionali partiti socialisti.
Può crescere sulla spinta del disagio, nei luoghi del conflitto, ad opera di movimenti politici, sindacali e associativi diversi, recuperando insieme la dimensione del locale e la dimensione internazionalista.
Ne hanno discusso al Circolo De Amicis di Milano, su iniziativa dell’associazione ilSocialista, esponenti di diverse sensibilità politiche avendo come base di riferimento il documento “Socialismo o Barbarie” già pubblicato su questo blog.
Un documento promosso da alcuni compagni con l’obiettivo di delineare un quadro di riferimento ideologico, culturale e politico per una nuova “azione” e prospettiva socialista. Rivolto a tutti coloro che credendo nella necessità del socialismo e si identificano con esso. Disposti a lavorare insieme perché l’unica risposta alla barbarie è il socialismo e perché il socialismo appartiene a tutti coloro che sono disposti a praticarlo.
E’ l’idea di un socialismo largo che può rinascere sulla spinta di chi lo pratica nel nome di valori antichi di libertà, uguaglianza, fraternità (e sottolineo fraternità) e del bisogno di giustizia economica e sociale.
Mai come oggi queste questioni nazionali si legano alle questioni internazionali e alla grande questione irrisolta di cosa sia l’Europa e che forma istituzionale dovrebbe avere. Come è detto nel documento base però, “l’antidoto al degrado nazionale può avere risposte efficaci solo se affrontato a livello internazionale attraverso politiche comuni a tutte le forze che si richiamano al socialismo.  La dimensione dello Stato nazionale è in larga misura inadeguata ad affrontare i grandi problemi del nostro tempo (l’ambiente, i mutamenti climatici, le grandi diseguaglianze, lo strapotere della finanza globale ecc.), ma proprio per questo motivo questa Europa deve essere radicalmente riformata. Il socialismo non può stare dalla parte di questo capitalismo e non può stare quindi dalla parte di questa Europa e si è europeisti solo se con la forza del socialismo si ha il coraggio di cambiare profondamente questa Europa senza bisogno di uscirne.”
Il seminario di Milano ha indicato una prima via, sintetizzata in cinque azioni principali.
Uno. Il socialismo anche in Italia ha bisogno di una nuova “casa” larga e unitaria. Non un partito subito, ma un movimento, un patto federativo tra associazioni, formazioni politiche, gruppi di democrazia civica in rapporto stretto con i corpi sociali, i sindacati, il mondo del lavoro, della cultura e della conoscenza.
“Casa o cosa” che si rafforza nella capacità di stare nei luoghi del conflitto. Che deve nascere con una coscienza autonoma, con il contributo di tutti coloro che ci stanno, senza bisogno di aspettare sempre cosa fanno gli altri. Una forza organizzata e riconoscibile, antagonista, contrapposta alle destre e ai conservatorismi.
Due. Dar vita al coordinamento delle Fondazioni e associazioni socialiste come luogo di elaborazione della nuova casa socialista. Un coordinamento non autoreferenziale, non per riaffermare com’era bello il passato, com’erano bravi i nostri padri, ma come luogo dell’apostolato del socialismo attuale. Un luogo per i giovani, per consolidare il socialismo che è civiltà, cultura e istituzioni.
Tre. Partecipare, nelle migliori forme possibili, alle elezioni europee (e alle elezioni amministrative) attraverso la presentazione di una lista di ispirazione socialista che riunisca tutti coloro che si riconoscono nel socialismo così come declinato, in stretto rapporto con i socialisti europei, che senza equivoci stanno a sinistra e non si confondono con coalizioni senza identità o di destra.
Quattro. Sostenere nei luoghi di lavoro e ovunque sia possibile il progetto della nascita di un grande e unico sindacato unitario, che superi la divisione anacronistica figlia di un rapporto diretto con partiti che non ci sono più. Un sindacato che risponde alla “barbarie” nella lotta per la difesa dei diritti dei lavoratori e per un lavoro dignitoso, non povero, contro lo sfruttamento, ma anche un sindacato che, in dialettica con la politica, si riappropri della questione fondamentale del ruolo delle istituzioni e dello Stato nella politica economica, industriale e territoriale. Questione meridionale in primis.
Cinque. Fare della questione municipale e della democrazia civica la leva più forte per ripartire a ricostruire il socialismo nelle istituzioni, dal basso, e nei territori.
Hanno partecipato insieme a me, Mario Artali, Jacopo Perazzoli, Marc Osouf, Felice Besostri, Giovanni Scirocco, Angelo Turco, Giuseppe Nigro, Aulo Chiesa, Marco Dal Toso, Sergio Cati, Maria Grazia Meriggi. Hanno dato l'adesione Rosa Fioravante, Ferruccio Capelli, Walter Galbusera, Luciano Belli Paci, Francesco Somaini.

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