Altro che Battisti e la “dottrina Mitterand”, di Roberto Biscardini da La Voce Metropolitana

21 gennaio 2019

Altro che Battisti e la “dottrina Mitterand”, di Roberto Biscardini da La Voce Metropolitana

L’arrivo in Italia di Cesare Battisti ci ha riportato ai tempi drammatici del terrorismo nazionale e internazionale degli anni ’70 e ’80, da più punti di vista.
Il primo, quello più spettacolare, riguarda la versione strapaesana della strumentalizzazione politica. Secondo un comunicato delle Camere Penali “Quanto accaduto ieri in occasione dell’arrivo a Ciampino del detenuto Battisti è una pagina tra le più vergognose e grottesche della nostra storia repubblicana. È semplicemente inconcepibile che due Ministri del Governo di un Paese civile abbiano ritenuto di poter fare dell’arrivo in aeroporto di un detenuto, pur latitante da 37 anni e finalmente assicurato alla giustizia del suo Paese, una occasione, cinica e sguaiata, di autopromozione propagandistica”. Punto.
Il secondo aspetto della vicenda è ancora più banale: con la destra al Governo si assicurano alle patrie galere i colpevoli con i governi di centrosinistra no. Facile la risposta. Dal 1994 ad oggi l’Italia è stata governata per molti anni da governi di centrodestra, con un fior fiore di ministri di destra agli Interni, alla Giustizia e agli Esteri. Quindi perché allora no, oggi si?. Punto.
Poi il caso Battisti, nel quadro delle più complicate coperture internazionali, ha riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica il tema della cosiddetta “dottrina Mitterand”, entrata in vigore nel 1982, d’altra parte non applicabile al caso Battisti. Infatti la cosiddetta “dottrina Mitterand”, che rimase vigente a lungo, anche con Chirac fino al 2002, (e nella prassi anche dopo con Sarkozy e Macron) concedeva il diritto di asilo a un “ospite” che non avesse commesso delitti di sangue e che non fosse condannato in via definitiva. Per questo non poteva applicarsi al caso Battisti, giudicato colpevole nel 1985 e in via definitiva dalla Cassazione nel 1993.
Ma addirittura prima, già nel 1983, il ministro della giustizia di Mitterrand, Robert Badinter, socialista, escluse Battisti dalla lista delle persone da tollerare in Francia, considerando la sua situazione giuridica troppo pesante, e troppo legata, appunto, a fatti di sangue.
La storia rocambolesca di Battisti è legata ad alcune date importanti, ma che poco c’entrano con la “dottrina Mitterand”. Arrestato nell’ambito delle retate che colpirono il Collettivo Autonomo della Barona a Milano nel 1979, dopo la fuga dal carcere di Frosinone nel 1981, raggiunge la Francia. Ci rimane solo un anno, e proprio in conseguenza del atteggiamento del governo Mitterand a lui poco favorevole, scappa in Messico. Lì rimane fino al 1990, quando ritorna in Francia dove viene arrestato nel 2004 per essere consegnato alle autorità italiane. Battisti riesce un’altra volta a far perdere le sue tracce. Scappa in Brasile e tra alterne vicende, arresti e scarcerazioni, ci rimane fino al 2018, quando ricercato dalla polizia, risulterà latitante e già in Bolivia. E’ a quel punto che il governo boliviano rifiutando la richiesta di asilo politico, ordina l’espulsione diretta verso l’Italia, saltando lo scalo in Brasile voluto da Bolsonaro. E così siamo ad oggi.
Domanda: ci sono state nel corso degli anni delle responsabilità politiche di alcuni settori sella sinistra francese? Certo. Ma nulla c’entrano con la “dottrina Mitterand”. L’iniziativa più scellerata è quella di un sedicente “comitato di sostegno”, ma siamo già nei primi anni 2000, con Chirac, formato soprattutto da sedicenti intellettuali e da alcuni settori della borghesia radicalchic – Bernard-Henry Lévy in testa – che si schierano a favore dei terroristi. Non vogliono considerare atti criminali quelli commessi del terrorismo internazionale e “non potendo fare la rivoluzione a casa propria pensano che si possa fare da un’altra parte”.
A questo punto se la questione Battisti poco c’entra con la “dottrina Mitterand”, la vera questione si sintetizza in una domanda, che per esempio lo scrittore Antonio Tabucchi si pone nel 2011. Perché (e siamo al secondo soggiorno francese del 1990) Battisti non fu subito consegnato all’Italia? La risposta di Tabucchi è lapidaria. “Battisti collabora con i servizi segreti francesi a cui vende tutto quello che sa sul terrorismo internazionale. Lo ammetterà anche lui raccontando di essere stato aiutato dai servizi francesi nella sua fuga in Brasile.”
Altri elementi sembrano emergere in queste ore. Battisti avrebbe goduto di protezioni da parte dei servizi segreti francesi forse in collaborazione con gli stessi servizi italiani.
D’altra parte è ormai intuibile che non solo per Battisti, ma anche per tanti altri latitanti, sparsi per il mondo, accusati di atti terroristici e sanguinari, ci siano state (e forse ci sono ancora) forme di protezione da parte di strutture che si muovano in uno spazio autonomo rispetto dalle politiche dei propri Paesi. La cose è diventata ancora più complessa dopo la caduta del Muro nel 1989. Da quel momento tutto è sembrato più fragile e gli Stati non si sono comportati nei confronti del terrorismo in modo omogeneo. Si è allargata la necessità di controllare le aree di conflitto da est a ovest e a tutto il Mediterraneo. Troppo complicato, forse. Finché non saranno aperti gli archivi dei grandi servizi segreti del Kgb, della Cia, della Nato e a grappolo dei paesi a loro collegati molte cose, anche della nostra storia, non le sapremo mai. Altro che Battisti e “dottrina Mitterand”.

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